Ordinanza
del 24 gennaio 2000
Tribunale
di Viterbo - (Touring c. Vecchi)
Il Giudice Designato
Nell'ambito della procedura cautelare promossa da
TOURING CLUB ITALIANO e TOURING EDITORE s.r.l. (rapp.ti e difesi dall'avv.
Giovanni Guglielmetti e Luigi Colombo di Milano e avv. Angelo Angeloni
di Viterbo) nei confronti di
VECCHI MAURIZIO (rapp.to e difeso dall'avv. Giovanni Bartoletti di Viterbo),
ed intesa ad ottenere un provvedimento ex art. 634 legge marchi e art.
700 c.p.c. che inibisca alla ditta Maurizio Vecchi Editore l'utilizzazione
del segno distintivo "TOURING" anche nella rete World Wide Web
(WWW) all'interno dei domini Internet.
Letti gli atti e sentite le parti, viste le memorie da queste depositate
nei termini concessi,
o s s e r v a
I ricorrenti - operanti da oltre un secolo nel settore del turismo mediante
organizzazione di servizi informativi e culturali, nonché mediante
vendita di periodici e pubblicazioni specialistiche, la prima quale associazione
non riconosciuta (in sigla TCI) e la seconda quale editore delle pubblicazioni
del gruppo TCI - lamentano che la ditta Maurizio Vecchi Editore (in sigla
MVE), corrente in Caprarola (Viterbo), abbia illecitamente utilizzato
il denominativo Touring per l'accesso alla rete telematica WWW (all'interno
di Internet) aprendo un proprio sito individuato con il domain name (ND)
di www.touring.it con scopi e finalità identiche a quelle proprie
dell'Associazione Touring Club Italiano operante su Internet con un sito
denominato www.touringclub.it; attività ritenuta lesiva del proprio
marchio Touring Club nonché idonea a danneggiarli e/o comprometterne
l'attività economica in quanto caratterizzata da un comportamento
sanzionabile anche ai sensi dell'art. 2958 n.3 c.c. per l'intrinseca portata
di non lealtà dell'atto concorrenziale posto in essere.
Si difende parte resistente sostenendo non essersi verificata alcun attività
illecita dal punto di vista della concorrenza sia per con riguardo alla
pretesa violazione del marchio (Touring) che con riguardo alla violazione
di segni distintivi-denominazioni della ricorrente TCI nei cui confronti
viene pure eccepita la legittimazione attiva in quanto alla stessa, essendo
una libera associazione senza fini di lucro, non sarebbe applicabile la
normativa di cui agli artt. 2598 e segg. Cod.civ..
Pacifiche e documentate le circostanze di fatto da cui desumere l'effettività
dell'attività ascritta alla ditta resistente e con le modalità
descritte in ricorso (emergenti dai documenti versati in atti nonché
dalla diretta visione sulla rete Internet dei due siti n questione), occorre
passare all'esame del merito della richiesta cautelare che su tali fatti
si basa.
La tutela cautelare qui invocata, infatti, è volta ad ottenere
un provvedimento di inibitoria provvisoria ex art. 700 c.p.c. e art. 63
legge sui marchi, nei confronti di un soggetto che utilizza, secondo la
tesi delle ricorrenti illecitamente, un segno distintivo altrui (anche
tutelato perché
registrato) per tal motivo ritenuto anche concorrente sleale, ai sensi
e per gli effetti di cui all'art. 2598 n.1 e 3 e 2599 cod. civ. in quanto
avrebbe posto in atto un comportamento contrario alle norme regolanti
i rapporti tra concorrenti.
Venendo al merito rilevasi come sussista a vantaggio delle parti ricorrenti
il buon diritto legittimante la invocata cautela inibitoria scaturente
dalla indiscutibile esistenza di un uso pregresso e consolidato del segno
"Touring" seppur accompagnato ad altre espressioni identificative
del soggetto titolare (Touring Club It. - Touring Editore - Touring Giovani
- ecc.); tale denominativo è sicuramente identificativo dell'associazione
ricorrente e di tutte le aziende ed attività associative e commerciali
ad essa facenti capo, per la consolidata conoscenza che in oltre un secolo
di attività il TCI ha acquisito sia tra i normali utenti dei suoi
servizi turistici e culturali che tra le generalità dei cittadini
comunque interessati alle informazioni su notizie turistiche in genere
(basti aver riguardo alla diffusione dell'uso delle cartine stradali edite
dal TCI).
Ciò consente di attribuire al segno Touring il carattere di marchio
forte per la sua intrinseca capacità di attribuire in modo inequivoco
una data attività ad uno specifico soggetto (il Touring Club Italiano),
marchio Touring che, sebbene registrato come tale solo in epoca recente,
aveva già acquistato sul mercato una sua valenza fortemente identificativa
del titolare del più esteso marchio (registrato in epoca antecedente
come Touring Club Italiano) al punto da portare quel segno (il Touring,
appunto) ad essere considerato un diminuitivo e così essere in
tutto e per tutto equiparato al T.C.I. anche per coloro i quali fanno
uso delle tecniche informatiche navigando nei siti W.W.W. di Internet.
L'illecito utilizzo del marchio della ricorrente associazione è
dimostrato anche dall'assenza di qualsiasi nesso del nome Touring con
la ditta del resistente Vecchi Maurizio il quale, svolgendo attività
anche nel settore dell'informazione turistica (circostanza pacifica),
ha ritenuto utile e conveniente apparire su Internet con un sito distinto
con il domain name (così è in astratto definito il nome
che identifica il titolare del singolo sito del WWW) "Touring.it"
per la sua forte valenza evocativa del settore turistico in cui opera
da anni il TCI che, sulla medesima rete, oggi opera attraverso un sito
(Touringclub.it) con cui è facile la confusione e la confondibilità
del titolare.
Appare evidente, ciò premesso, come la richiesta cautelare trovi
il suo più immediato aggancio giustificativo nella ritenuta sussistenza
dell'estremo della confondibilità tra i segni distintivi delle
due parti in contesa; la tematica sui segni distintivi (Touring Club Italiano
e Touring) richiama concetti e principi che trovano applicazione anche
nella valutazione della contraffazione o dell'illecito uso di marchi altrui.
Premesso, infatti, che la parola inglese "Touring" non può
dirsi sicuramente parola di ordine ed uso naturale e comune nel lessico
attuale della lingua italiana, sebbene dai più conosciuta nel suo
significato generico di "cosa che attiene al turismo in generale",
e che la stessa - ex se - non potrebbe legittimare una pretesa escludente
l'altrui uso se associata ad una
iniziativa commerciale o di altra attività rivolta al pubblico,
non v'è dubbio che nel campo strettamente afferente "le cose
del turismo" il termine Touring richiami alla mente del potenziale
interessato l'associazione Touring Club Italiano anche perché,
ed è qui il cuore del problema, nell'uso corrente tale denominazione
complessa viene scissa in quella più breve ed immediata di Touring
(da sola od in aggiunta ad altra parola: esempio: TOURING Giovani); sia
nel modo con cui spesso tale soggetto viene identificato anche dagli organi
di stampa (ed in merito l'episodio narrato dalle ricorrenti con riguardo
al periodico Internet News è eloquente) sia per come lo stesso
viene indicato dal TCI nelle sue singole iniziative (ad es. il mensile
dell'associazione è denominato Qui Touring con una evidente intenzione
di segnalare al lettore che su quella rivista vi sono le notizie del Touring).
Così come costantemente insegnato dalla giurisprudenza prevalente
(e dalla stessa dottrina) la protezione accordata dalla legge sul diritto
di autore (L. 22.4.1941 n. 633) va verificata procedendosi ad un accertamento
se non anche dell'originalità, quanto meno di una significativa
capacità individualizzante relativamente all'utilizzazione d'un
vocabolo genericamente idoneo ad indicare e delimitare l'area degli argomenti
oggetto di trattazione, necessaria espressione minima di generico riferimento
per chiunque intenda svolgere attività editoriale nello specializzato
settore prescelto e non ritenga conveniente o non sia in grado di creare
una "testata" (perché il domain name tale è nell'ambito
Internet) meglio caratterizzata per originalità o fantasia.
Nel caso in esame va esclusa la sussistenza di una locuzione del tutto
generica e scarsamente individualizzante (come sostenuto dal resistente)
per il termine in questione il quale non può essere considerato
come semplice indicativo di un bene della vita (il turismo) dei cui vari
aspetti si occupa l'attività di una data azienda ovvero di una
data pubblicazione; ciò sia perché il prodotto turismo non
può essere considerato equiparabile - dal punto di vista lessicale
- al termine touring quantomeno nel limitato ambito nazionale, sia perché
il segno touring, per come utilizzato concretamente dalle parti ricorrenti,
va considerato come marchio, seppure lo si voglia ritenere caratterizzato
da intrinseca debolezza, meritevole di tutela perché il suo lungo
uso, anche congiunto ad altri termini, ha determinato nel pubblico dei
consumatori medi l'abitudine (e la consapevolezza) a ritenere come la
stessa cosa il T.C.I. ed il Touring sic et simpliciter, con la logica
ed immediata conseguenza che l'utilizzazione del nome Touring da parte
di altri soggetti può portare alla confusione tra le iniziative
commerciali di diversi soggetti, tanto più quando uno dei questi
abbia acquisito una notorietà tale da rendere i propri prodotti
o la propria attività identificabile anche mediante semplici abbreviazioni
del nome originario (a tal proposito è utile il richiamo a quanto
è avvenuto nel caso del Foro Italiano, nota rivista di diritto,
identificata dagli addetti al lavoro con l'abbreviativo "Foro";
v. Tribunale Modena 23 ottobre 1996, in Foro It 1997, I, 2316).
La riprova della correttezza dell'argomentare che precede si rinviene
proprio analizzando ciò che è avvenuto sulla rete WWW di
Internet con l'iniziativa della Maurizio Vecchi Editore che si è
avvalsa dell'identificativo del sito www.touring.it (a lei concesso dalla
Autorità a ciò preposta senza alcuna valenza legittimante
l'uso del nome prescelto a scapito di quelli altri soggetti, stante l'unica
regola vigente che è quella del "first come, first served"
- priorità della richiesta ed assenza di identità del nome
richiesto).
Come è stato rilevato dagli specialisti del settore "le caratteristiche
peculiari che hanno fatto di World Wide Web una vera e propria rivoluzione
nel panorama degli strumenti di comunicazione possono essere riassunte
nei seguenti punti: "la sua diffusione planetaria, la facilità
di utilizzazione e dei collegamenti, la possibilità di trasmettere
e ricevere informazioni multimediali, la semplicità di gestione
per i fornitori di informazione..."; dal punto di vista dell'utilizzatore
finale del WWW, infatti, la rete si presenta come uno sconfinato spazio
informativo costruito da documenti multimediali interconnessi tramite
una rete di collegamenti che fanno sì che si crei un vero e proprio
ipertesto che vede tutti gli utenti quali suoi fruitori e formatori senza
soluzione di continuità; in tale spazio informativo l'utente può
con estrema facilità muoversi alla ricerca di dati, testi, informazioni,
curiosità varie, prodotti ecc. usando dei programmi che vengono
correntemente definiti browser (dall'inglese fornire).
Chi intenda accedere a tale vasta rete telematica per acquisire informazioni
o dati inseriti nella medesima rete dalle varie aziende o da singoli fornitori
di informazioni (università, centri di ricerca, negozi, giornali
ecc.), deve seguire delle semplici, ma essenziali, procedure di ricerca
per reperire l'informazione cercata e valutare la sua correttezza, completezza
ed imparzialità (aspetto, quest'ultimo, assai delicato ed in parte
affidato alla personale esperienza dell'utente e su cui si dirà
appresso).
Il primo aspetto, che è quello di scoprire le pagine esistenti
sulla rete che si occupano dell'argomento desiderato, viene affrontato
mediante l'utilizzo di strumenti di ricerca che si differenziano in "motori
di ricerca per termini" ed "indici sistematici".
Senza voler dar qui conto ex professo di aspetti e questioni di natura
tecnica, ciò che preme evidenziare in questa sede è che
l'utente che accede alla rete informativa può servirsi di strumenti
per accedere ai dati desiderati senza sapere dove trovarli, o perché
ignora se tali dati vi siano o perché ignora chi li possa avere
immessi in rete ovvero perché non conosce l'ampiezza della materia
ed intende accedere al massimo delle informazioni disponibili sull'argomento.
Con la ricerca per termini i c.d. motori di ricerca permettono di ricercare
parole o combinazioni di parole in un archivio indicizzato di documenti
in formato digitale; tale ricerca si dimostra molto comoda e semplice
nel caso di nomi propri (il dato poeta o scrittore) o quando le informazioni
ricercate si lascino caratterizzare attraverso termini molto specifici
(ad es. informazioni sulla cura del tumore al seno, si usa la combinazione
"tumore" and "seno"). In tali casi la ricerca è
del tutto meccanica perché il programma cerca i termini da noi
forniti nell'indice in suo possesso e fornisce le corrispondenze trovate;
l'intelligenza della ricerca dipende in gran parte dalla scelta delle
parole usate come parametri e tanto più validi saranno i risultati
della ricerca quanto più
corretta sarà stata l'utilizzazione dei termini di ricerca (ed
indirettamente ciò riporta alla abilità del singolo fornitore
in rete nella scelta del proprio nome di dominio).
La ricerca sistematica avviene su cataloghi ragionati di risorse, suddivisi
su settori e organizzati gerarchicamente, partendo da categorie più
generali per arrivare a quelle più specifiche.
Qualunque sia lo strumento utilizzato (che comunque avviene tramite "motori
di ricerca" del tipo indicato dalle parti: Yahoo!, AltaVista, HotBot,
Virgilio ecc.) l'utente "normale" della rete è costretto
ad una navigazione per tentativi per poter giungere ad un risultato soddisfacente;
tentativi che ogni fornitore di informazioni cercherà di abbreviare
od eliminare mediante l'allestimento di siti caratterizzati da denominazioni
molto particolari e poco comuni, al limite cercando di sfruttare termini
molto noti e fortemente evocativi del prodotto informativo fornito in
rete (in merito nei paesi anglosassoni si parla di domain name grabbing
per indicare il fenomeno dell'accaparramento di marchi famosi con registrazione
dell'altrui nome sulla rete WWW per sfruttarne la popolarità in
difetto di preventivo accesso sulla rete stessa da parte del titolare
del marchio).
Ciò è quello che pare potersi dire avvenuto nel caso in
esame dove il resistente - per accedere al mondo informativo in campo
turistico - ha ritenuto utile e conveniente registrarsi sulla rete con
il nome www.touring.it ben sapendo che così facendo avrebbe evitato
i rischi di rimanere del tutto ignoto - ovvero poco esplorato - al vasto
pubblico degli utenti Internet ivi compresi gli utenti dei servizi turistici
offerti dal Touring Club Italiano (sia perché soci del TCI sia
perché conoscitori delle indubbie qualità dei servizi offerti
dalla medesima associazione).
L'esame delle varie pagine dei due siti in contesta (sia nella rispettiva
Home page che in quelle successive) danno conferma di ciò; chi
avesse effettuato la ricerca tramite la parola "touring" (ricerca
per termini) avrebbe ricevuto una notevole quantità di dati (questo
è sicuramente vero) anche circa soggetti operanti in settori diversi;
ma è indiscutibile che così operando il singolo utente avrebbe
potuto avvedersi della presenza anche del sito della MVE ed aprirla ritenendo
di trovarsi nel sito del TCI stante la forte identità delle informazioni
fornite dal sito del resistente, la cui identità effettiva (quale
MVE) poteva essere rilevata solo dopo aver avuto accesso al sito stesso
con lettura delle informazioni afferente, quantomeno, la prima pagina
(quella ove vi è maggiore concentrazione pubblicitaria appetibile
per gli utenti).
In via di fatto, invero, non sembra dubitabile che un "sito"
del WWW possa essere equiparato ad una rivista od ad altra pubblicazione
(del tipo cartaceo classico) con una Home page identica alla copertina,
il nome della testata assimilabile al domain name, e le ulteriori pagine
del sito identiche alle pagine che si sfogliano in una rivista cartacea;
e così come si chiede la tutela del proprio nome identificativo
per la testata invocando l'originalità del termine, il pregresso
uso del termine e quant'altro, in modo identico deve potersi fare con
riguardo al nome utilizzato per accedere a WWW.
Appare sussistente, per tali ragioni, la capacità confusoria del
denominativo del sito Internet utilizzato dal resistente sia in contrasto
con le norme sui marchi che con quelle sulla correttezza professionale.
In merito a questo ultimo aspetto va detto che appare naturale che lo
scopo per cui si apre un sito (commerciale o informativo) è proprio
quello di avere il maggior numero possibile di visitatori che, mediante
l'accesso sul sito stesso (anche soltanto di passaggio), potranno leggere
e visionare la pubblicità ospitata dal titolare del sito (i c.d
banner - annunci pubblicitari a forma rettangolare assimilabili a normali
affissioni pubblicitarie) che potrà vendere tali spazi a terzi
facendosi forte dei dati di "spoglio" forniti dai vari provider
o fornitori dei programmi.
Ciò costituisce sicuramente attività concorrenziale e a
tal fine va aggiunto che per esservi attività idonea a danneggiare
l'altrui attività d'impresa il (potenziale) concorrente deve porre
in essere atti che possano causare confusione con l'attività dell'altro
concorrente; atti realizzabili con mezzi e modalità varie (purché
idonee) ma pur sempre tali da poter sviare la clientela dall'attività
esercitata dal concorrente (anche per effetto del limite di cui all'art.
2598 n. 3 c.c.).
Questa finalizzazione della tutela codicistica consente di chiudere il
cerchio della questione di cui si sta discutendo; il nome utilizzato dal
resistente costituiva il classico specchietto per le allodole per catturare
utenti interessati a notizie in materia di turismo ma "attratti"
non dal termine generico "turismo" ma dal noto marchio abbreviato
TOURING attribuito alla nota associazione T.C.I.; ciò può
comportare il pericolo che le informazioni ed i servizi offerti dal titolare
di un sito possano essere confusi con quelli offerti dall'altra azienda
sia mediante un altro sito che con le ordinarie forme di pubblicazione
periodica edite dalla ricorrente società.
La tutela invocata dalle ricorrenti a tale ultimo titolo sussiste anche
perché riguarda due imprenditori tra loro concorrenti (ovvero potenzialmente
concorrenti); e nel caso de quo la cosa emerge alquanto evidente al di
là delle eccezioni sollevate da parte resistente, e tenuto conto,
in particolare, del soggetto che di fatto gestisce la struttura economica
denominata Touring Club Italiano.
È possibile affermare - alla luce di quelle che sono le concrete
emergenze di questo giudizio cautelare e salve le diverse risultanze del
successivo giudizio di merito - che l'Associazione ricorrente, anche tramite
le sue collegate, stia sul mercato come un vero e proprio imprenditore
commerciale con i comportamenti e gli scopi tipici di questo: - ricerca
di aumentare la clientela per procurarsi un maggior profitto e non solo
per maggiormente diffondere gli scopi propri dell'associazione (promovimento
di attività turistiche, culturali e ricreative).
Ciò può essere desunto dal tipo di attività in concreto
esercitata che, per sua natura, si presta tanto ad essere gestita con
scopi e finalità prettamente ricreative e no-profit (come avviene
normalmente per una associazione non riconosciuta) come anche per scopi
economici tendenti, quantomeno, al pareggio dei costi con i profitti,
e per scopi commerciali (come per la
predisposizione di viaggi e manifestazioni a pagamento); nel primo caso
sotto forma di offerta, ai propri associati o anche a terzi, di libri,
attrezzature, lezioni, ed in pratica di tutto quanto occorrente per la
conoscenza delle risorse turistiche e culturali italiane; nel secondo
caso, con l'attività di vera e propria impresa, sotto forma di
offerta di servizi di vario genere anche ai soci-utenti dietro pagamento
di un corrispettivo per il servizio o spettacolo di volta in volta offerto.
Ciò che accomuna i due aspetti delineati - nell'ambito di quello
che qui interessa - è l'essere gli stessi rivolti al perseguimento
di un medesimo risultato in termini di produzione di un servizio (con
metodo economico o meno) rivolto a terzi (gli associati o altri utenti)
da effettuarsi con mezzi e strumenti concretamente idonei allo svolgimento
di attività d'impresa. D'altra parte è caratteristica tipica
delle associazioni la struttura aperta all'adesione di nuovi associati
con la previsione che una tale adesione presupponga, almeno di regola,
una preventiva valutazione da parte dell'organo interno dell'associazione
sul possesso dei requisiti previsti nello statuto; mentre nel caso in
esame nessun limite è stato previsto per essere associati oltre
alla richiesta ed il versamento delle quote annuali.
Ciò esclude soltanto che si possa considerare in sintonia con le
tipiche manifestazioni della vita di una vera associazione l'indiscriminato
e libero accesso consentito con il semplice versamento della quota annuale,
ma non può disconoscersi la legittimità dell'utilizzo della
struttura associativa da parte di coloro i quali abbiano deciso di associarsi
per fruire di un servizio a costo inferiore (giovandosi della finalità
non lucrativa dell'associazione) anche senza voler condividere appieno
tutte le finalità dell'associazione.
La natura commerciale dell'attività svolta dal T.C.I. (a prescindere
dalla sua veste giuridica: non può essere disconosciuta quantomeno
ai fini dell'invocata tutela.
Ciò che conta, in definitiva, è l'avere accertato l'esistenza
di una attività d'impresa gestita da un soggetto in un dato settore
economico ed in assenza di violazioni ai limiti ed alle prescrizioni di
legge. Deve ritenersi, inoltre, sussistente anche l'altro elemento richiesto
dall'art. 700 c.p.c. e cioè il pregiudizio imminente ed irreparabile;
al riguardo, ed in verità, oltre al rischio concreto del ripetersi
degli atti di confusione già avvenuti (con riferimento, peraltro,
a soggetti altamente qualificati quali il Ministero dei beni culturali
ed una rivista specializzata nel settore Internet), va rilevato che l'eventuale
provvedimento inibitorio adottato in via definitiva potrebbe intervenire
in tempi non ristretti al punto da rendere difficilmente risarcibile,
e comunque, irrecuperabile la perdita economica conseguente all'avvenuto
sviamento di clientela, vanificando in tal guida ogni eventuale favorevole
risultato del giudizio di merito.
L'intervento giudiziario attuato mediante lo strumento cautelare in materia
di concorrenza sleale così come in materia di tutela dei segni
distintivi, è non solo ammissibile ma, soprattutto, necessario
poiché avendo previsto la legge una cautela tipica per tali situazioni
(per i marchi e brevetti), l'operatore economico dispone di uno strumento
agile e veloce per il caso di
illeciti che, incidendo su situazioni di libero mercato e con connotati
estremamente mutevoli e variabili, difficilmente risultano riparabili
con gli ordinari strumenti del risarcimento per equivalente; ciò
vale in termini eguali per le ipotesi di concorrenza sleale.
In particolare si può ottenere, prima di tutto, una inibitoria
provvisoria del comportamento illecito (concorrenziale), ovvero ogni altro
provvedimento che si ritenga adatto ad elidere i riflessi negativi sulla
sfera aziendale del concorrente leso.
Il contenuto da dare al provvedimento cautelare instato deve, infatti,
consentire di impedire la prosecuzione dell'attività concorrente
o privandola delle caratteristiche di illiceità o impedendone l'esercizio
sino al giudizio definitivo sulla correttezza dell'attività stessa.
Appare necessario, inoltre, provvedere anche alla pubblicazione della
ordinanza cautelare per elidere gli effetti già realizzatisi per
l'utilizzo del sito in questione; e ciò al fine di ripristinare
la situazione del mercato afferente l'utilizzo dei denominativi identificativi
propri dei ricorrenti.
Non sembrano sussistere ragioni oggettive che consiglino la subordinazione
dell'esecuzione dell'ordinanza cautelare al rilascio di una cauzione per
gli eventuali danni subiti dal resistente; a tal fine non vi è
stata alcuna prova o deduzione dimostrativa di eventuali negative valutazioni
delle capacità patrimoniali delle parti ricorrenti.
Le spese del presente procedimento cautelare vanno rimesse alla successiva
statuizione del giudizio di merito che dovrà essere iniziato entro
gg. 30 dalla presente ordinanza
P. Q. M.
visti gli artt. 669ter, 669sexies, 669septies e 700 c.p.c.
Il Giudice designato nel procedimento cautelare promosso da Touring Club
Italiano e Touring Editore s.r.l. nei confronti di Vecchi Maurizio così
provvede:
a) INIBISCE a Vecchi Maurizio, titolare della ditta Maurizio Vecchi Editore
(corrente in Caprarola - VT - via Madonna dei Gigli), l'uso in qualsiasi
forma e modo del segno distintivo "TOURING" anche sulla rete
Internet, vietando l'utilizzazione ulteriore del nome di dominio Internet
"www.touring.it";
b) ordina che a cura di parte ricorrente, ed a spese del resistente, la
presente ordinanza venga pubblicata per estratto a caratteri doppi del
normale, per due volte, sul Corriere della Sera edito in Milano;
c) ordina che la presente ordinanza venga inserita nei siti Internet delle
parti in questione per la durata di giorni trenta (con suo richiamo nella
Home Page dei medesimi siti) ove il sito www.touring.it non venga disattivato;
nonché comunicata ai gestori della rete che hanno concesso l'utilizzo
della denominazione del sito dalle parti in causa per l'eventuale inserimento
dell'ordinanza in caso di mancata pubblicazione da parte di Maurizio Vecchi
Editore;
FISSA in giorni trenta il termine entro il quale iniziare il giudizio
di merito all'esito del quale rimette la decisione sulle spese anche di
questo procedimento. Si comunichi.
Viterbo, 24.1.2000
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