Ordinanza del 7 dicembre
2000
Tribunale
di Modena - (A.B.Casa c. Berber)
Il g.i.a scioglimento
della riserva assunta osserva quanto segue:
1. A.B.Casa s.r.l., sedente a Milano, in quanto titolare del marchio registrato
"Voglia di Casa", relativo a prodotti afferenti alla classe
merceologica 24, ossia tessuti, coperte da letto e copritavoli, ha dedotto
nel ricorso ex art. 700 c.p.c. qui proposto di avere subito contraffazione
di marchio in quanto lo stesso sarebbe stato utilizzato da Berber s.n.c.
di Breveglieri P. & C. che avrebbe registrato ed utilizzato un sito
web attualmente attivo denominato appunto www.vogliadicasa.it. Stante
il rischio di confusione, ha, perciò, chiesto in via cautelare
l'inibizione al suo utilizzo quale domain name, come anche dell'insegna
distintiva dell'unità locale della resistente posta a Castelfranco
Emilia.
Berber s.n.c. di Breveglieri P. & C. si è costituita in giudizio
opponendosi alla domanda ed ha chiesto il rigetto del ricorso.
A prescindere dal merito della vicenda, si rileva la presenza di un ostacolo
procedurale che non permette di scendere ad esaminare la fondatezza della
domanda principale di A.B. Casa.
Si tratta, in particolare, della mancata evocazione in giudizio del soggetto
destinatario mediato della richiesta di inbizione urgente, ossia la Registration
Authority italiana presso il C.N.R.; si tratta dell'ente italiano che,
in base al principio "first caNew Law - Fisco e nuove Tecnologieme,
first serve", assegna a chi ne faccia richiesta per primo i nomi
a dominio, in base ad una valutazione puramente formale, senza cioè
effettuare alcun controllo preventivo sulla liceità della assegnazione
e che, per espressa disposizione del regolamento interno di assegnazione
dei nomi (art. 12), può disporre la sospensione dell'assegnazione
di esso "per ordine dell'autorità giudiziaria, notificatole
nelle forme di legge,... con cui ne venga inibito l'uso dell'assegnatario".
La mancata evocazione nel giudizio cautelare del destinatario dell'eventuale
ordine giudiziale di inibizione o di sospensione del nome a dominio (Registration
Authority Italiana) determina il difetto di contraddittorio, non sanabile
con un ordine giudiziale, non trattandosi di litisconsorzio necessario
(art. 102 c.p.c.). E' infatti evidente che, in base ai principi generali
della procedura (art. 101 c.p.c.), un ordine giudiziale può essere
rivolto solamente a chi sia stato regolarmente evocato in giudizio, con
ciò mettendolo in grado, se lo desideri, di difendersi dalla richiesta
contro di lui avanzata. Tale difetto di contraddittorio deve condurre,
perciò, al rigetto della domanda cautelare principale.
2. Parte istante ha poi dedotto a sostegno della domanda cautelare anche
un'altra significativa circostanza, ossia che l'insegna dell'unità
locale della resistente, il cui negozio, come emerge dalla visura camerale,
è posto a Castelfranco Emilia, via Circondaria sud 109, è
del pari lesiva della sua privativa in quanto esercitato sotto la denominazione
di "Voglia di casa" ed ha del pari chiesto l'inibizione all'utilizzo.
La domanda è infondata e va quindi reietta.
Infatti, perché possa soccorrere la tutela invocata prevista dall'art
13, 1° comma, l. marchi è necessario che i segni distintivi
adottati, eguali o simili, oltre a riguardare prodotti identici od affini,
siano in grado di "determinare un rischio di confusione per il pubblico
che può consistere anche in rischio di associazione tra i due segni".
In tal caso fa, tuttavia, difetto il rischio di confusione tra il marchio
identificativo dei prodotti offerti in vendita dalla ricorrente e l'insegna
dell'unità locale della resistente. Va, infatti, considerato che
un simile rischio di confusione, pur nell'identità della denominazione
adottata per l'individuazione dei segni distintivi prescelti dai due imprenditori,
sembra in concreto da escludere. A.B. Casa, per quanto titolare di un
marchio dotato di una certa notorietà soprattutto nell'Italia del
Nord, ove è titolare di ben 10 negozi collocati tra Torino e Milano,
non sembra in grado di subire alcuno sviamento di clientela e quindi di
concorrenza sleale, da parte dell'unico negozio di cui è titolare
la società modenese avente un'insegna identica al marchio della
prima. Il negozio in questione si trova, infatti, in un paese della provincia
modenese, privo di altri punti vendita oltre a quello di Castelfranco,
ove è esercita un'attività di "piccola importanza",
come la definisce la visura camerale in atti, anche perché priva
di dipendenti ed ove collaborano solo due addetti indipendenti.
Il principio de quo trova riscontro in giurisprudenza ove si legge che:
"La ditta, pur essendo costituita essenzialmente dal nome, dalla
sigla o dalla denominazione dell'imprenditore, puo' comprendere anche
indicazioni relative all'attivita' dell'impresa o parole di fantasia idonee
ad accentuarne la forza individualizzante, ed in essa, come nell'insegna,
possono essere inserite, quali elementi
aggiuntivi o integrativi, anche parole o espressioni di fantasia rappresentative
di un marchio altrui, quando, in ragione dell'oggetto dell'impresa o del
luogo del suo esercizio, non ne derivi possibilità' di confusione
con l'attivita' e i prodotti dell'altra impresa, ad esempio per la limitatezza
dei mercati in cui le due imprese rispettivamente operano e per la distanza
esistente tra i relativi esercizi commerciali" (così Cassazione
civile, sez. I, 23 dicembre 1983 n. 7583).
Come si vede le due realtà aziendali non sono minimamente equiparabili
da un punto di vista qualitativo o quantitativo, come pure i rischi di
interferenza tra di esse, data anche la distanza spaziale che le divide,
risultano essere pressoché nulle; ciò che giustifica, pertanto,
il rigetto anche della domanda in questione.
Le spese seguono la soccombenza (artt. 669 septies e 91 c.p.c.) e sono
liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
- rigetta le domande
della ricorrente.
- la dichiara poi tenuta e condanna al rimborso delle spese della presente
procedura che liquida in complessive £ 2.500.000 (di cui £
427.000 per anticipazioni; £ 1.000.000 per diritti ed il residuo
per onorario), oltre ad IVA e CAP come per legge e 10% spese generali.
Modena, 7.12.2000
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