Tribunale di Catania - Sentenza 25 - 29 giugno 2004 N. 2286/2004
Responsabilità del Provider ex D.Lgs. 70/2003
per violazione dei diritti d'autore
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 19.10.2001 V. K. conveniva in giudizio
la società cooperativa a r.l. X. L., all'uopo, esponendo:
- Che la società
convenuta forniva al comune di N. un servizio di hosting sul sito internet
www.cormorano.net, giusta deliberazione della Giunta Municipale n. 222
del 15.4.1998;
- Che nel detto sito internet veniva indebitamente utilizzata l'opera
intellettuale di esso attore, già edita con la pubblicazione "N.
guida storico-turistica";
- Che, nonostante apposita diffida inviata alla cooperativa convenuta,
questa aveva continuato ad utilizzare la propria opera;
- Che il Comune di N. aveva inutilmente richiesto l'oscuramento delle
pagine internet in questione;
- Che tale comportamento integrava un illecito civile da risarcirsi nella
misura di £. 80.000.000.
Chiedeva conseguentemente dichiararsi l'indebito utilizzo da parte della
convenuta della propria opera intellettuale e per l'effetto condannarsi
la stessa a cessare l'illecito utilizzo e a pagare a titolo di risarcimento
dei danni patiti la somma di E. 41.316,55 o in quella quantificata secondo
equità dal giudice. Con interessi legali dal 12.1.20012 al soddisfo.
Iscritta la causa a ruolo, si costituiva la cooperativa X. L. a r.l.,
la quale deduceva il proprio difetto di legittimazione passiva e, nel
merito, l'infondatezza della domanda attorea. Con vittoria di spese e
compensi.
Con memoria ex art. 183, comma quinto, c.p.c. parte attrice dichiarava
limitarsi la dichiarazione di responsabilità della convenuta all'indebito
utilizzo dell'opera intellettuale per il periodo di tempo compreso tra
l'agosto 1998 e il febbraio 2001.
Indi, istruita la causa e precisate le conclusioni, all'udienza del 15.3.2004
la causa veniva posta in decisione con l'assegnazione dei termini di rito.
Motivi della
decisione
Preliminarmente va esaminata l'eccezione di difetto di legittimazione
passiva della cooperativa a r.l. X. L., la quale ha dedotto - in comparsa
di costituzione - di avere già "oscurato" il sito dedicato
al Comune di N., operante sotto il dominio "Il riflettore.it",
subito dopo la ricezione della formale diffida da parte dell'attore nel
gennaio 2001, nonché essere stato successivamente registrato sempre
per il Comune di N. un nuovo sito sotto il distinto dominio "cormorano.net"
a nome di società diversa dall'odierna convenuta, cioè la
C. N. s.a.s..
L'eccezione è solo parzialmente fondata proprio alla luce delle
difese spiegate dalla convenuta, la quale, per sua espressa ammissione
ha gestito sotto il dominio "Ilrifelttore.it" il sito del comune
di N. almeno sino al gennaio 2001, sicchè limitatamente al periodo
intercorrente tra l'agosto del 1998 - momento iniziale di apertura del
sito del Comune di N. - e il gennaio del 2001 sussiste certamente tanto
- in ipotesi - la legittimazione della convenuta quanto, nel merito, la
titolarità passiva del relativo rapporto controverso relativamente
agli esposti fatti costituenti violazione del diritto di autore dell'odierno
attore.
Peraltro è a notare che, proprio in conseguenza delle difese esposte
dalla convenuta in comparsa responsiva, l'attore - con memoria autorizzata
ex art. 183 quinto comma c.p.c., ha espressamente modificato la domanda
chiedendo il risarcimento del danno patito per l'indebito utilizzo dell'opera
intellettuale "nella misura ritenuta equa e giusta dal giudice.".
Tanto premesso, va, in primo luogo, rilevato come nessuna contestazione
sia sorta in ordine alla paternità in capo al V. K. dell'opera
storiografica relativa al "Profilo storico" del Comune di N.
(v. la pubblicazione in atti prodotta dall'attore "Guida storico-turistica
del Comune di N.") e alla conseguente titolarità in capo allo
stesso dei diritti di natura patrimoniale e morale inerenti l'opera dell'ingegno
dallo stesso realizzata.
L'art. 12 della legge del 1941 sul diritto di autore chiarisce che "l'autore
ha diritto di utilizzare economicamente l'opera in ogni forma e modo,
originale e derivato, nei limiti fissti da questa legge e, in particolare,
con l'esercizio dei diritti esclusivi indicati negli articoli seguenti".
A tal riguardo è noto che i diritti esclusivi individuati dalla
legge dagli artt. 13-19 hanno contenuto patrimoniale, tutti essi implicando
e comportando il diritto dell'autore di disporre matrimonialmente degli
stessi, tramite il rilascio di licenze e autorizzazioni variamente atteggiate
per il conferimento in uso dell'opera ovvero la cessione dei diritti medesimi
a terzi.
Da tale ambito va poi tenuto distinto il profilo relativo al diritto morale
di autore, alla paternità e integrità dell'opera, al diritto
di pubblicazione e di cd. pentimento, i quali tutti si caratterizzano
e rilevano quali espressione della personalità dell'autore e della
personalizzazione conseguente dell'opera.
Per quanto concerne poi l'utilizzazione in rete delle opere tutelate dalla
normativa in esame, occorre rilevare come i file contenenti testi scritti,
rinvenibili nella rete telematica in veste elettronica, godono senza dubbio
della medesima protezione e tutela delle opere letterarie tradizionali
in cui sono sempre convertibili, attraverso la stampa su materiale cartaceo,
trattandosi comunque di attività intellettuale dell'uomo, a prescindere
dalla natura del supporto veicolare dell'espressione artistica e dal giudizio
di valore sull'apporto artistico.
Venendo quindi ai profili "patologici" rilevanti nel caso di
specie, è da rilevare come l'illecito civile on line può
derivare dalla violazione delle norme a tutela del diritto d'autore, dalla
violazione del diritto alla riservatezza o di altri diritti della persona,
come l'onore o la reputazione, dalla violazione delle norme a tutela dei
marchi, dalla violazione delle norme in materia di concorrenza sleale.
D'altronde, posto che la rete è in grado di ospitare dati ed informazioni
di ogni tipo, è del tutto naturale che sulla rete o, meglio, attraverso
la rete, possano essere consumati tutti gli illeciti che si fondano sulla
diffusione o sulla utilizzazione di dati o informazioni.
Autorevole dottrina ha, a tal uopo, notato come la ragione sostanziale
che ha indotto nel recente passato la prassi giudiziaria e legale ad individuare
proprio nell'Internet provider, e cioè nel soggetto che fornisce
a terzi l'accesso alla rete telematica, il corresponsabile delle violazioni
commesse per mezzo della rete da un qualsiasi utente sul suo server debba
essere nella concreta necessità di selezionare concretamente almeno
un soggetto responsabile della violazione a fronte della volatilità
e, a volte, inafferabbilità degli originari autori dell'illecito
stesso, sub specie di committenti per la pubblicazione sul www. Considerazione
di natura sostanzialistica, la quale deve, peraltro, confrontarsi con
le esigenze di certezza del diritto, dei traffici commerciali e di personalità
dell'illecito che non possono non rilevare anche sul versante civilistico
in esame. A tal riguardo è noto come, tanto in dottrina che in
giurisprudenza, si sia prospettato, quanto alla posizione del provider
al quale vengano contestati fatti costituenti illecito extracontrattuale,
il ricorso a modelli di estensione soggettiva della responsabilità
civile, come, ad esempio, la possibilità di ritenere analogicamente
applicabile al provider la figura del responsabile editoriale di una testata
giornalistica o quella, del tutto affine, dell'editore televisivo. In
tal senso, equiparandosi il gestore di un sito Internet ad un responsabile
editoriale, si è così ritenuto possibile ipotizzare l'applicazione
delle norme (art. 57 c.p.) sui reati commessi a mezzo di stampa e attribuire
al provider l'obbligo di verificare la legittimità di tutto il
materiale pubblicato sul proprio server, compreso quello inviato da terzi.
In quest'ottica, il provider diverrebbe corresponsabile dell'illecito
del terzo utente sulla base di una culpa in vigilando, consistente nel
mancato adempimento dell'obbligo di controllo del materiale inviato sul
proprio server (Tribunale di Napoli - caso "Cirino Pomicino - ord.
8 agosto 1996, ove si è affermata la responsabilità civile
del provider per aver "autorizzato, consentito, o comunque agevolato
il comportamento illecito" di un utente colpevole di aver diffuso
in rete messaggi promozionali contenenti nomi e marchi appartenenti a
società concorrenti, sul presupposto che della compartecipazione
colposa per il provider, assimilabile ad un responsabile editoriale, in
quanto "il proprietario di un canale di comunicazione destinato a
un pubblico di lettori - al quale va equiparato quale organo di stampa
un sito Internet - ha l'obbligo di vigilare sul compimento di atti di
concorrenza sleale eventualmente perpetrati attraverso la pubblicazione
di messaggi pubblicitari di cui deve verificare la natura palese, veritiera
e corretta, concorrendo, in difetto, e a titolo di responsabilità
aquiliana, nell'illecito di concorrenza sleale" (di analogo tenore:
Tribunale di Napoli, 8 agosto 1998 - che ha assimilato il gestore di Rete
ad un organo di stampa, con conseguente obbligo di controllo sui contenuti
del sito web - Tribunale di Macerata, 2 dicembre 1998, Tribunale di Teramo,
11 dicembre 1997; Tribunale di Bologna 26 novembre 2001, ove si afferma
la responsabilità del provider in virtù dell'applicabilità
in via analogica dell'art. 11 L.47/48, secondo il quale "per i reati
commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido
con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione
e l'editore".).
La riferita linea interpretativa è stata, ad avviso del giudicante,
correttamente oggetto di puntuali critiche in dottrina e poi in giurisprudenza,
denunziandosi come irrealistica l'affermazione di una "colpa/negligenza"
del provider per l'impossibilità pratica di controllare ogni messaggio
inviato su un server nonché rendendo evidenti le differenze di
tali ipotesi rispetto a quelle contemplate dalla legge sull'editoria che
renderebbero inapplicabile analogicamente la suddetta disciplina al caso
in esame.
Segnatamente va rilevato come affermare una responsabilità per
omesso controllo del provider, in un campo dove è materialmente
impossibile operare una verifica dei dati trasmessi da tutto il mondo,
equivarrebbe ad introdurre una nuova ed inaccettabile ipotesi di responsabilità
oggettiva - che prescinde dalla colpa - in aperta eccezione alla regola
generale del nostro ordinamento di cui all'art. 2043 c.c., che fonda la
responsabilità civile sulla colpa del danneggiante (per considerazioni
analoghe v. Tribunale di Monza, Sez. Distaccata di Desio - caso "doctor
glass", ord. 14 maggio 2001, dove si rileva come, "anche volendo
mascherare la responsabilità del provider sotto l'etichetta della
culpa in vigilando, detta responsabilità sarebbe di fatto una responsabilità
oggettiva legislativamente non tipizzata, non potendosi in alcun modo
immaginare mezzi concreti attraverso i quali il provider potrebbe effettuare
la propria vigilanza, considerato anche che il monitoraggio dovrebbe essere
costante: è noto, infatti, che ogni sito è modificabile
in qualsiasi momento, con una semplice operazione effettuabile anche "in
remoto", 24 ore al giorno, 7 giorni su 7").
Di contro sembra certamente preferibile quella diversa ricostruzione che
ritiene di fondare la responsabilità dell'Internet provider riferendosi
all'art. 2043 ss. c.c. per quanto concerne i profili di responsabilità
extracontrattuale e richiede di valutare ulteriormente i profili diacronici
legati alla verificazione della lesione antigiuridica, interrogandosi
se la diligenza esigibile imponga al provider l'adozione di misure volte
a prevenire il compimento di illeciti da parte degli utenti o se invece
gli imponga solo di eliminare gli effetti di tali illeciti, una volta
che ne sia messo a conoscenza.
Sotto il primo profilo dell'affermazione di una diligenza preventiva,
è stato così sostenuto che bisognerà distinguere
tra il cd. access provider, il quale fornisce semplicemente l'accesso
ad un canale di comunicazione, cd. Servizio di connettività, dal
service provider, il quale, oltre a fornire un accesso alla rete, offra
ai propri utenti un servizio di predisposizione, controllo o di monitoraggio
delle informazioni e dati trasmessi sui loro servers. Ciò, in quanto,
con riferimento al semplice access provider, mero fornitore di connettività,
è da ritenere che l'obbligo di preventivo e incondizionato controllo
sia del tutto estraneo alla tipologia di attività che le è
propria, laddove diversamente si dovrebbe sostenere per il service\content
provider, allorquando proprio la prestazione dallo stesso offerta abbia
avuto ad oggetto un contributo, parziale o generale, alla realizzazione
del sito e all'editing del materiale immesso in rete, sì da assumere
pertanto delle funzioni editoriali o di direzione in senso lato (per tale
distinzione elaborata dalla giurisprudenza statunitense, in materia di
responsabilità del provider per violazione delle norme sul copyright
v. Playboy Enterprises, Inc. v. Frena del 1993, Sega Entertainment, Ltd.
v. Maphia del 1994, Religious Technology Center v. Netcom On-Line Communication
Services del 1995; Sega Enterprises v. Sabella del 1995).
Seguendo tale modello ricostruttivo si perviene ad una conseguente, doverosa
distinzione tra responsabilità preventiva e responsabilità
successiva del provider, là dove la prima dovrebbe essere limitata
ai service providers e sussisterebbe per il solo fatto di non aver impedito
il verificarsi dell'illecito, mentre la seconda sarebbe invece attribuibile
a qualsiasi provider (sia service che access), sussistendo per il fatto
di non aver bloccato l'aggravamento dei danni conseguenti al comportamento
antigiuridico.
Secondo un recente orientamento, a tal uopo, si è ritenuto che
l'illecito che avviene su internet è da qualificare come un illecito
permanente, essendovi una permanente ritrasmissione del dato, senza la
possibilità del danneggiato d'impedirla, sicchè dovrebbe
predicarsi sulla scorta dei principi civilistici, della normativa comunitaria
e del codice di autoregolamentazione una regola di comportamento ed un
modello di diligenza (obbligo di comunicare le generalità dell'utente
che ha compiuto l'illecito, obbligo di attivarsi per rimuovere l'illecito)
che fonda una posizione di garanzia del provider per tutto quanto accade
successivamente alla scoperta del fatto da parte del provider.
Rispetto a tale posizione di garanzia risulterebbe configurabile la responsabilità
dell'host provider per la violazione dell'obbligo di rimozione del dato
illecito.
Conformemente a questo indirizzo interpretativo, si è espressa
la giurisprudenza italiana più recente:
- con ordinanza del 27.06.97 poi confermata con la sentenza 19.10.1999
il Tribunale di Cuneo ha stabilito che il service provider non è
responsabile della violazione dei diritti d'autore compiuta a mezzo di
pagina web ospitata sul suo server, quando si sia limitato a concedere
l'accesso alla rete;
- il già citato Tribunale di Roma ha deciso che il news server,
cioè l'operatore che consente agli utenti di accedere ai news group,
non è responsabile per i messaggi che attraversano i propri elaboratori
in quanto si limita a mettere a disposizione lo spazio virtuale dell'area
di discussione e non ha alcun potere di controllo e di vigilanza sugli
interventi che vengono inseriti;
- analogamente Tribunale Bologna del 26 novembre 2001 ha ravvisato un'attività
di fornitura di contenuti web nel provider che, pur limitandosi a fornire
l'accesso al sito gestito (anche in piena autonomia) da altri, non consenta
d'identificare il soggetto in questione né fornisca prova del contenuto
degli accordi di utilizzazione dello spazio web con tale soggetto identificato,
nel qual caso sembrerebbe essere stata affermata una responsabilità
del provider per il solo fatto di avere garantito l'anonimato del gestore
del sito, non consentendo ai terzi di conoscerne le generalità;
A fronte degli indirizzi giurisprudenziali su riferiti, peraltro, non
mancano in dottrina ricostruzioni diverse che intendono discostarsi dal
richiamo alla norma generale dell'art. 2043 c.c., volgendo, di contro,
la propria attenzione ai regime speciali previsti dal c.c.: segnatamente
secondo una diversa isolata opzione ricostruttiva occorrerebbe fare riferimento
all'art. 2050 c.c., affermandosi la possibilità di configurare
una responsabilità oggettiva a carico del provider, siccome soggetto
esercente un'attività pericolosa, con la conseguenza ulteriore
che il gestore del sito, pertanto, dovrà rispondere del fatto illecito
dell'utente del web, a meno che egli non provi "di aver adottato
tutte le misure idonee ad evitare il danno".
La tesi non convince sia per l'intuitivo rilievo che, anzitutto, l'attività
svolta dall'ISP non appare in sè oggettivamente e intrinsecamente
fonte di pericolo (Tribunale Bologna, 26.11.2001), sia perché tutte
le ipotesi di responsabilità oggettiva introdotte dal legislatore
nazionale, in sede di recepimento di direttive comunitarie proprio tramite
al ricorso all'art. 2050 c.c. (ex plurimis: cfr. art. 1 del d.p.R. 224/88
in materia di responsabilità da prodotto difettoso; art. 18 L.675/96,
in materia di trattamento dei dati personali, art. 28 del d.p.R. 445/00,
T.U. sulla documentazione amministrativa e firma digitale) sono comunque
accomunate tutte dal fatto che esse presuppongono un effettivo potere
di controllo sull'attività oggetto della tutela ed impongono, conseguentemente,
l'adozione di misure di sicurezza adeguate, laddove tali operazioni di
controllo, per come su rilevato, non sono "tecnicamente" possibili
nei casi di specie.
Peraltro va rilevato come la materia della responsabilità dei vari
tipi di providers è oggi offerta dal D. Lgs. 9 aprile 2003 n. 70,
emanato in attuazione della direttiva 2000/31/CE, "relativa a taluni
aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel
mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico"
(cd. "direttiva sull'e-commerce).
Segnatamente la questione della responsabilità degli ISP è
affrontata negli articoli da 14 a 17, là dove si sono distinte
e tipizzate le attività caratteristiche del prestatore di servizi
in esame, individuandole nelle attività di "mere conduit",
di "caching", di "hosting" e prevedendo conseguentemente
per ciascuna di esse un regime differenziato di responsabilità.
L'art.14 del D.Lgs. 70/03 disciplina l'attività di "mere conduit",
consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni
non proprie (cioè date dal destinatario del servizio) o nel fornire
l'accesso alla Rete.
Per queste ipotesi l'articolo in commento stabilisce l'esonero da responsabilità
per i prestatori, ritenendo e valorizzando correttamente la loro posizione
di neutralità rispetto ai contenuti veicolati on line.
In tal modo si è stabilito che il carrier (cioè l'operatore
telefonico) o l'access provider (ossia il fornitore di connettività)
non sono responsabili di ciò che passa on line. Essi, peraltro,
saranno ritenuti responsabili qualora o diano origine alla trasmissione
(lett.a) o selezionino il destinatario della trasmissione (lett.b) ovvero,
ancora, selezionino o modifichino le informazioni trasmesse.
Il successivo art. 15 è dedicato all'attività di memorizzazione
temporanea, c.d. "caching" (si pensi alle attività di
organizzazione delle mailing-list o di newsgroup). Come è noto,
il caching ha lo scopo di aumentare la "capacità di portata"
della Rete, conservando presso il server del prestatore, per un certo
periodo, i dati cui hanno avuto accesso i fruitori del servizio, in modo
da favorirne la consultazione in un secondo momento da parte di altri
utenti. La norma prevede, a tal proposito, l'esenzione da responsabilità
per il provider che, nella prestazione di un servizio della società
dell'informazione, abbia effettuato "la memorizzazione automatica,
intermedia e temporanea di tali informazioni, effettuata al solo scopo
di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari
a loro richiesta".
L'esenzione da responsabilità, però, non potrà operare
anche in tal caso qualora il provider modifichi le informazioni (lett.a),
non si conformi alle condizioni di accesso alle informazioni (lett.b),
non si conformi alle norme di aggiornamento delle informazioni, indicate
in un modo ampiamente riconosciuto e utilizzato dalle imprese del settore
(lett.c), interferisca con l'uso lecito di tecnologia ampiamente riconosciuta
e utilizzata nel settore per ottenere dati sull'impiego delle informazioni
(lett.d), non agisca prontamente per rimuovere le informazioni non appena
venga a conoscenza del fatto che le informazioni sono state rimosse dal
luogo dove si trovavano inizialmente sulla rete o che l'accesso alle informazioni
è stato disabilitato oppure che un organo giurisdizionale o un'autorità
amministrativa ne ha disposto la rimozione o la disabilitazione (lett.e).
In ultimo l'art. 16 disciplina l'attività di "hosting",
cioè la attività del provider più diffusa nella rete
e fondante la sua vis espansiva, che può andare dalla mera gestione
del sito sul server, con memorizzazione delle pagine web, alla tenuta
degli archivi informatici del cliente, con conservazione dei files di
log, nel qual caso il prestatore (c.d."host provider") non è
responsabile delle informazioni memorizzate a condizione che:
a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l'attività
o l'informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie,
non sia al corrente di fatti o circostanze che rendano manifesta l'illiceità
dell'attività o dell'informazione;
b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità
competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per
disabilitarne l'accesso.
Il secondo comma poi esclude l'esenzione di responsabilità del
provider - con conseguente sua piena responsabilità - se il destinatario
del servizio agisce sotto l'autorità o il controllo del prestatore
(è il caso, ad esempio, del content provider): in questa ipotesi,
infatti, il provider non risulta estraneo alle informazioni veicolate,
e quindi risponde - per fatto proprio - per gli eventuali contenuti illeciti
immessi in Rete.
Ulteriore regola generale è poi quella che per i casi di "mere
conduit", di "caching" e di "hosting" prevede
la possibilità che il prestatore di servizi, anche ove non responsabile,
sia tenuto - dietro provvedimento dell'autorità giudiziaria o amministrativa
competente - ad impedire o a porre fine ad un illecito.
Con l'art. 17 del D.Lgs. 70/03 - vera e propria "norma di chiusura"
del "sistema della responsabilità" dei providers - viene,
infine, sancita l'assenza dell'obbligo generale di sorveglianza, affermandosi,
al primo comma, che il prestatore dei servizi non è assoggettato
ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette
o memorizza né ad un obbligo di ricercare circostanze che indichino
il compimento di atti illeciti. In tal modo il legislatore ha consacrato
il su riferito riconoscimento della impossibilità tecnica per il
provider di operare un controllo - preventivo o successivo - sulle informazioni
memorizzate o trasmesse, escludendo così che possa operare un criterio
di imputazione della responsabilità di carattere meramente oggettivo.
Il secondo comma dell'art. 17 impone poi al prestatore di informare prontamente
l'autorità giudiziaria o quella amministrativa, qualora sia a conoscenza
di presunte attività illecite riguardanti un proprio cliente (lett.a),
ovvero di fornire, a richiesta delle autorità competenti, informazioni
in suo possesso, al fine di permettere l'identificazione di un destinatario
del servizio implicato in attività illecite (lett.b), per poi concludere
al terzo comma nel senso della responsabilità del provider che,
a fronte di richiesta dell'autorità giudiziaria o amministrativa,
abbia ritardato la rimozione del materiale lesivo ovvero che, a conoscenza
del carattere illecito del contenuto di un servizio da esso fornito, non
abbia provveduto ad informarne l'autorità competente.
Tale essendo la disciplina, è stato acutamente osservato come essa
si caratterizzi nel senso:
a) della irresponsabilità del provider che si limiti a fornire
la connessione alla rete: in altri termini, l'access provider è
equiparato al gestore di una rete telefonica il quale non può certamente
essere tenuto responsabile per gli illeciti commessi dagli utenti della
rete stessa;
b) della responsabilità del provider che non si limiti a fornire
la connettività, ma eroghi servizi aggiuntivi, dal caching all'hosting
(content provider), nel qual caso la responsabilità è generalmente
subordinata alla circostanza che il provider sappia che l'attività
o l'informazione trasmessa o svolta suo tramite siano illecite; tanto,
seppure con la espressa limitazione derivante dalla circostanza che non
si possa imporre al prestatore di servizi un obbligo generale di sorveglianza
sulle informazioni trasmesse e memorizzate né, tanto meno, un obbligo
generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la
presenza di attività illecite;
c) della distinzione tra la posizione del provider e quella dell'editore
o del direttore responsabile e ciò proprio al fine di sottrarlo
all'applicazione delle più severe regole di responsabilità
che in genere valgono per questi soggetti.
Il regime delineato, così come rileva la dottrina più recente,
se, da un lato, conferma il ripudio, non solo di modelli di responsabilità
oggettiva o per rischio di impresa, ma anche di modelli di responsabilità
soggettiva aggravata, d'altro in positivo, si traduce nella subordinazione
della responsabilità del provider alla circostanza che questi sappia
della illiceità dell'attività o dell'informazione o anche,
semplicemente, della esistenza dell'attività o dell'informazione.
La regola accolta è, dunque, quella in forza della quale il provider
sarà responsabile dell'illecito posto in essere dall'utilizzatore
allorché egli abbia piena consapevolezza del carattere antigiuridico
dell'attività svolta da quest'ultimo.
La responsabilità del provider si configura, quindi, alla stregua
di una responsabilità soggettiva: colposa, allorché il fornitore
del servizio, consapevole della presenza sul sito di materiale sospetto,
si astenga dall'accertarne l'illiceità e, al tempo stesso, dal
rimuoverlo; dolosa, quando egli sia consapevole anche della antigiuridicità
della condotta dell'utente e, ancora una volta, ometta di intervenire.
Tanto rilevato in punto di diritto, passando alla fattispecie in esame,
va osservato come, nel merito, le difese della convenuta, sul presupposto
esplicito e non contestato della sussistenza della violazione del diritto
di autore del V. K. - perpetrato attraverso l'inserimento non autorizzato
del suo scritto sul sito del comune di N. nel periodo di tempo compreso
tra l'estate del 1998 e il gennaio 2001 -, si sono incentrate sulla circostanza
che l'inserimento dello scritto in questione sul sito sarebbe stato voluto,
ordinato e organizzato direttamente dal Comune, essendosi, di contro,
limitata il servizio offerto dalla X. L. alla fornitura del servizio di
connettività e alla relativa gestione solo di natura tecnica del
sito stesso sulla base di contenuti e materiali forniti dall'ente pubblico.
In altri termini con ogni evidenza la convenuta assume di essere un fornitore
di mero service provider con le conseguenze in punto di diritto su esaminate.
Ora, sulla base della normativa su richiamata, non vi può essere
dubbio alcuno che, una volta allegato e provato il fatto illecito dedotto
dal V. K. in ordine alla violazione del diritto d'autore sulla propria
opera storiografica, l'eccezione, avente ad oggetto la natura specifica
della tipologia particolare di servizio offerto dalla convenuta al Comune
di N. - sulla scorta di una deliberazione comunale che, peraltro, nessuna
delle parti in giudizio ha prodotto e che entrambe hanno dato come pacificamente
esistente, senza peritarsi di provarne i contenuti -, doveva, in virtù
dell'onere probatorio ex art. 2697 c.c., essere positivamente dimostrata
dalla medesima convenuta o per testi ovvero producendo idonea e conducente
documentazione, la quale attestasse l'invio da parte del Comune di N.
degli atti, dei materiali e delle fotografie poi inserite nel sito dalla
stessa gestito. Così da rendere conclamata la sua funzione mera
di fornitore di servizi di sola connettività telematica.
Tale prova non è stata in alcun modo fornita dalla X. L., che,
anzi, proprio dalla documentazione in atti risulta che con missiva del
Comune di N. del 19.2.2001, n. prot. 4869, il Comune in questione espressamente
negava di avere "mai autorizzato e\o obbligato la ditta X. L. a riprodurre
anche parzialmente opere coperte dal diritto di copyright da parte di
terzi ed ad avvalersi e\o copiare pedissequamente determinate opere in
special modo quella contestata", nonché significativamente
precisava che "laddove la società Cormorano l'ha ritenuto
necessario, ha chiesto e ottenuto dal Comune l'autorizzazione alla pubblicazione
di pagine inerenti il tetto ligneo della cattedrale".
A riprova proprio il Comune allegava alla detta missiva una copia fotostatica
di una pagina del sito in questione relativa al tetto ligneo della cattedrale
di N., pagina nella quale, diversamente da quanto avvenuto nel caso di
specie, si rendeva noto espressamente che "il testo è tratto
da scritti del prof. Giovanni De Francesco. Le foto di Pippo Nicolosi
sono tratte, su autorizzazione dell'Amministrazione comunale di N. dal
CD creato da Media Tres Multimedia Catania".
A fronte di tale decisiva prova documentale, nulla di speculare è
stato allegato e provato dalla convenuta, la quale allora deve, quale
proprietaria del dominio presso il quale veniva gestito e pubblicato il
sito in esame, ritenersi responsabile dei materiali e dei scritti nello
stesso inseriti secondo il regime di responsabilità che caratterizza
il content provider, al quale incombe l'obbligo previo di controllare
e verificare ogni eventuale profilo di lesività dei contenuti resi
ostensibili nel sito dallo stesso creato, organizzato e gestito. Né
a diversa soluzione sembra potersi giungere in dipendenza della dedotta
natura gratuita del servizio reso, trattandosi nel caso di specie di illecito
extracontrattuale rilevante ai sensi dell'art. 2043 ss. c.c..
Ritenuta quindi sussistente una fattispecie di responsabilità extracontrattuale
per violazione del diritto di autore, venendo alla concreta determinazione
del quantum risarcibile a titolo di danno economico subito dal suo autore,
va rilevato come nessun concreto elemento sia stato allegato e prodotto
dall'attore, il quale sul punto non ha ritenuto opportuno neanche richiedere
una consulenza tecnica d'ufficio ai fini della quantificazione dei danni
economici subiti con la relativa allegazione di parametri oggettivi di
quantificazione del danno.
Le spese seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c..
P.Q.M.
Il Giudice, definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al
n. 5464\01 R.G., ogni ulteriore domanda disattesa,
a) Dichiara l'illegittimità del comportamento posto in essere dalla
società convenuta in violazione del diritto di autore di V. K.
sull'opera storiografica di cui in motivazione;
b) Inibisce alla cooperativa X. L. a r.l. di utilizzare per il futuro
l'opera storiografica dell'attore;
c) Rigetta la domanda di risarcimento del danno proposta da V. K. nei
confronti della società convenuta;
d) condanna la cooperativa X. L. a r.l. al rimborso in favore dell'attore
delle spese legali che liquida in Euro E. 2000, di cui E. 150, 00 per
spese, E. 850, 00 per diritti di procuratore e E. 1000, 00 per onorari
di avvocato, oltre iva e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Catania il 25.6.2004 |