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PUBBLICITA' ON LINE E RUOLO DELL'AUTORITA' GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO

a cura di Ernesto Belisario

Premessa

Per anni la pubblicità è stata legata esclusivamente ai mezzi di comunicazione tradizionali (radio, televisione, giornali, cartelloni). Ma la comunicazione d'impresa è sempre alla ricerca di nuovi mezzi attraverso i quali diffondere i propri messaggi fra il pubblico dei potenziali consumatori. L'avvento dei new media (di Internet in particolare) è stato quindi salutato con entusiasmo dagli operatori del settore. Ed è per questo che anche in un periodo di "ridimensionamento" della net-economy, il settore dell'advertising on line va in controtendenza facendo registrare incoraggianti tassi di crescita.
La pubblicità diffusa attraverso Internet presenta caratteristiche e contenuti molto diversi rispetto a quella tradizionale (in particolare radiotelevisiva). Contrariamente a quest'ultima può essere interattiva, personalizzata. Per le aziende vi sono indubbi vantaggi rappresentati da spazi potenzialmente illimitati e costi ridotti a fronte di una sostanziale "saturazione" dei media tradizionali.
La comunicazione pubblicitaria on line è però potenzialmente più pericolosa rispetto all'advertising classico. Sia nei confronti dei consumatori (pubblicità non manifesta, spamming) sia nei confronti delle imprese concorrenti (pubblicità ingannevole, pubblicità comparativa).
E' quindi evidente che, accanto all'esigenza di individuare efficaci strumenti di tutela, dinanzi alle nuove tecniche di pubblicità on line è necessario interrogarsi circa l'applicabilità a tali forme di advertising della disciplina attualmente vigente in materia di pubblicità.
Attualmente in Italia non esiste una normativa specifica che si occupi della pubblicità diffusa via Internet. Come noto, infatti, la materia pubblicitaria è regolata prevalentemente dal d.lgs. 74/92 (così come modificato dal d. lgs.67 del 2000) che non fa riferimento diretto all'advertising on line.
In merito all'applicabilità di questa disciplina alla diffusione e circolazione di informazioni commerciali in rete non è mancato chi ha sollevato perplessità. Tali perplessità vanno respinte e non vi è dubbio che i principi dettati dal legislatore in materia di pubblicità ingannevole debbano essere applicati anche alla pubblicità commerciale presente in rete.
In verità, in assenza di una deroga legislativa, non si vede perché la pubblicità su Internet dovrebbe essere sottratta all'ambito di applicazione del d. lgs. 74/92. Soprattutto se si tiene in considerazione l'ampia definizione di pubblicità contenuta nell'art.2 del suddetto decreto ("qualsiasi forma di messaggio che sia diffusa in qualsiasi modo").

Il ruolo dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
La questione acquista rilievo ancora maggiore se si considera che, causa anche il disinteresse da parte dell'ordinamento per i problemi giuridici della rete, gli operatori pubblicitari, gli imprenditori commerciali e, talvolta, anche i professionisti sono tentati di pensare ad Internet ancora come ad un Far West della comunicazione nel quale è possibile intraprendere attività sottraendosi al controllo di concorrenti, consumatori ed alla censura delle autorità competenti.
Le autorità competenti, appunto. Ma quali sono le autorità cui è conferito il compito di tutelare consumatori e concorrenti da un uso distorto della pubblicità? Sicuramente il giudice ordinario sarà competente in tutti quei casi in cui la pubblicità è configurabile quale atto di concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2598 e sgg del codice civile. Così come sarà pacifica la competenza del Giurì nei casi di violazione del codice di autodisciplina. Si tratta, tuttavia, di ipotesi "marginali"; e in tutti gli altri casi? L'organo incaricato dell'applicazione della normativa in materia di pubblicità ingannevole e comparativa è l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Il d.lgs. 74/92 le ha attribuito il compito di tutelare "dalla pubblicità ingannevole [e comparativa] e dalle sue conseguenze sleali i soggetti che esercitano un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, i consumatori e, in genere, gli interessi del pubblico nella fruizione di messaggi pubblicitari". E' questo l'organismo cui spetta la vigilanza sul settore della pubblicità, anche quella diffusa attraverso Internet.
D'altra parte in questo senso sembra ormai orientata la stessa Autorità garante fin dal 1997; nel provvedimento n. 5019 l'Autorità rilevò come le norme previste per le forme di pubblicità tradizionale "debbano" essere estese anche alle comunicazioni di carattere commerciale diffuse in rete nell'esercizio di attività imprenditoriali, industriali, artigianali o professionali al fine di promuovere la vendita di servizi o prodotti.

Il procedimento innanzi all'Autorità
L'Autorità non può agire "d'ufficio" per l'individuazione e la repressione della pubblicità ingannevole. Essa si attiva solo a seguito di una denuncia con la quale viene richiesto il suo intervento. I soggetti legittimati ad inviare la denuncia sono indicati dall'art.2 del D.P.R. 627 del 1996 (Regolamento recante norme sulle procedure istruttorie dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di pubblicità ingannevole). Si tratta di consumatori, concorrenti e loro associazioni ed organizzazioni, nonché del Ministero dell'Industria e ogni altra P.A. con riferimento ai settori di propria competenza.
Quando l'Ufficio Pubblicità ingannevole riceve la segnalazione, verifica preliminarmente la completezza della denuncia e che questa non sia manifestamente infondata. In questo caso la denuncia viene archiviata e ne viene data pronta comunicazione al denunciante.
Se, invece, la segnalazione è completa, l'Ufficio comunica l'avvio del procedimento al denunciante e all'operatore pubblicitario, assegnando alle parti un termine (di solito 15 giorni) entro il quale possono presentare memorie.
Durante l'istruttoria l'Autorità esamina il messaggio pubblicitario e le memorie eventualmente ricevute. Nei casi più complessi ascolta le parti e dispone perizie e consulenze di esperti. L'Autorità può inoltre disporre la c.d. "attribuzione dell'onere della prova"; in questo caso sarà l'operatore pubblicitario a dover fornire la prova della veridicità delle affermazioni contenute nel messaggio da lui diffuso. Il silenzio o l'invio di prove insufficienti fa presumere l'inesattezza dei dati contenuti nel messaggio.
Il D.P.R. 627 fissa in settantacinque giorni il termine massimo per la durata dell'istruttoria. In caso di consulenze, perizie e o quando venga disposta l'attribuzione dell'onere della prova il termine è prorogato di altri 90 gg.
In caso di messaggio diffuso via Internet, l'Autorità chiede, prima di pronunciarsi, un parere circa la sua ingannevolezza all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Se, al termine dell'istruttoria, l'Autorità ritiene la pubblicità esaminata ingannevole, ordina che ne sia impedita o interrotta la diffusione.
Il provvedimento viene pubblicato sul Bollettino dell'Autorità. Tuttavia tali misure possono non bastare ad annullare gli effetti di una pubblicità . Per questo motivo l'Autorità può anche disporre che l'operatore pubblicitario che ha violato la legge, diffonda, a sue spese, su un quotidiano o un'emittente televisiva, un estratto del provvedimento o una dichiarazione di rettifica nella quale viene segnalata l'ingannevolezza del messaggio, spiegandone i motivi.
Nel caso in cui l'operatore pubblicitario non ottemperi alla decisione, è punito con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a cinque milioni.
Contro i provvedimenti dell'Autorità è possibile presentare ricorso giurisdizionale, entro 60 giorni, presso il TAR del Lazio.
Il procedimento appena descritto, pensato per i mezzi di comunicazione tradizionali, presenta alcune criticità per quanto riguarda invece la pubblicità on line. In particolar modo i tempi in cui si arriva ad una pronuncia dell'Autorità sono eccessivamente lunghi. Se è vero infatti che l'eliminazione del messaggio da parte dell'operatore pubblicitario anche prima della decisione non fa venir meno l'interesse dell'Autorità a valutare l'ingannevolezza dello stesso, ci si chiede se una decisione che arriva a tanti mesi di distanza in un settore così fluido come quello dell'advertising on line possa bastare a tutelare i consumatori. Forse in questo caso il detto meglio tardi che mai non funziona.

L'Autorità e la pubblicità on line
In considerazione delle caratteristiche del mezzo, per la pubblicità on line risulta meno probabile l'applicazione di talune norme o di taluni criteri di valutazione, mentre altri vengono introdotti dall'Autorità con una giurisprudenza che non è azzardato definire "pretoria".
E' naturale, ad esempio, un maggiore ricorso alle disposizioni che impongono la trasparenza della pubblicità, vietando quella occulta sotto forma di informazione neutrale (si pensi ai pubbliredazionali). Come si è già osservato in altra sede, infatti, la pubblicità per via telematica si presenta spesso con le caratteristiche formali dell'informazione.
In merito l'Autorità ha ritenuto (Provv. 7625 del 1999) che "il fine della comunicazione d'impresa non può essere confuso con la sua struttura". Questo significa che i messaggi a contenuto informativo che non sono incompatibili con finalità promozionali devono essere conformi alle previsioni del d. lgs. 74/92. L'Autorità si è spinta oltre giungendo ad affermare che le indicazioni presenti sul sito internet sono qualificabili come messaggio quando rispondono "alla finalità di promuovere la commercializzazione di un servizio proposto ai consumatori" (Provv. 3197 del 2001).
L'Autorità (Provv. 4820 del 1997) ha inoltre precisato che il titolare del sito internet, anche nel caso in cui sia un soggetto diverso dall'operatore pubblicitario, è responsabile delle notizie e delle informazioni promozionali diffuse tramite il proprio sito.
L'intento di proteggere i consumatori è evidente anche nelle decisioni in cui l'Autorità addossa sull'operatore pubblicitario i rischi derivanti da disguidi o inconvenienti tecnici. L'Autorità ha infatti stabilito che il caso di messaggio pubblicitario diffuso sul web che rimane visibile oltre la scadenza dell'offerta per motivi tecnici costituisce comunque fattispecie di pubblicità ingannevole perché induce in errore i consumatori e ne pregiudica il comportamento economico producendo anche un danno per i concorrenti. L'ingannevolezza del messaggio non è esclusa nemmeno dall'assenza di intenzionalità da parte dell'operatore pubblicitario (Provv. 9069 del 2000 e Provv. 3523 del 2001).
Un cenno merita, infine, il problema dei limiti territoriali della "giurisdizione" dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, problema che, come ovvio, assume particolare rilievo per la pubblicità on line. Nessun ostacolo sussiste ogniqualvolta il messaggio pubblicitario è diffuso da una società italiana, attraverso il server di un provider italiano. Maggiori difficoltà sorgono invece quando la pubblicità diffusa in Italia sia inviata da una società straniera attraverso le macchine di un provider straniero.
A tal proposito l'Autorità sembra orientata a porre l'accento sull'idoneità della condotta a trarre in inganno e a condizionare le scelte economiche dei consumatori italiani, riconoscendo quindi la propria "giurisdizione" ogni qual volta, prescindendo dalla collocazione geografica del server, il messaggio sia diffuso in Italia. Tale impostazione tende a privilegiare il ruolo dell'Autorità garante la cui funzione è proprio quella di tutelare i consumatori dalla pubblicità ingannevole proteggendo "gli interessi del pubblico nella fruizione dei messaggi pubblicitari" e pertanto è particolarmente "allergica" ai tradizionali limiti territoriali imposti agli strumenti nazionali di tutela.
Tale soluzione trova conferma, seppur indiretta, in una pronuncia della Corte di Giustizia delle Comunità europee nella quale (affrontando l'analoga questione della pubblicità transfrontaliera trasmessa a mezzo radiotelevisione) la Corte ha stabilito il primato assoluto della normativa nazionale in tema di tutela del consumatore. In particolare è stato chiarito che "la normativa statale posta a tutela dei consumatori e dei minori può comportare l'adozione di provvedimenti sanzionatori a carico dell'emittente transfrontaliera purché non si impedisca la ritrasmissione in sé e per sé delle trasmissioni televisive dell'emittente, né interceda sullo smercio dei prodotti nazionali o provenienti da altri Stati membri oggetto della pubblicità.Spetta al giudice a quo verificare se tali disposizioni siano necessarie per soddisfare esigenze imperative attinenti all'interesse generale" (Sentenza Konsumentombudsmannen/Tv-Shop i Sverige, 9 luglio 1997).
Resta però il problema di come dare esecuzione alle sanzioni comminate dall'Autorità nel caso in cui l'operatore pubblicitario non sia italiano. Quest'ipotesi è particolarmente delicata anche perché la materia pubblicitaria, a differenza di altre, non ha mai formato oggetto di convenzioni internazionali.
Una soluzione potrebbe essere un sistema internazionale di autodisciplina analogo all'EASA (European Advertising Standards Alliance) la cui funzionalità è assicurata dagli organismi nazionali di autodisciplina presenti nei singoli paesi. Ma anche questa strada non è priva di insidie. Basti pensare, infatti, al carattere privato di qualsiasi sistema autodisciplinare ed alla necessità di ottenere l'adesione dei soggetti interessati.

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