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LA
RESPONSABILITA' DELL'INTERNET PROVIDER
(INTERNET E LA LEGGE SULL'EDITORIA - LA NORMATIVA
EUROPEA - LE SENTENZE DI GIUDICI ITALIANI E STRANIERI)
a cura di Francesco Iperti
INTERNET
E LA LEGGE SULL'EDITORIA
Il 5 aprile 2001 è entrata in vigore la nuova legge
sull'editoria (Legge 7 marzo 2001, n.62) che, fra l'altro,
ha assimilato i siti internet "informativi" alla stampa,
con le conseguenze che fra breve vedremo. Prima di dare
spazio ai nuovi adempimenti previsti, tuttavia, è opportuna
una precisazione in merito a quale tipologia di siti
debbano essere sottoposti alle nuove regole.
Esclusioni
In primo luogo sono da escludere tutti i siti ove non
sono presenti informazioni strutturate ma ove si effettua
ad es. un forum di discussione, il dowload di programmi,
commercio elettronico, ecc.. A queste categorie di siti
"non informativi" la nuova legge aggiunge i siti destinati
esclusivamente all'informazione aziendale sia ad uso
interno sia presso il pubblico. Pur con qualche perplessità
in merito all'esatta interpretazione del termine "informazione
aziendale", si ritiene che debbano rimanere escluse
dalla nuova disciplina tutti i siti "aziendali", ossia
i siti che presentano e promuovono una azienda o i prodotti
della stessa. Allo stesso modo, dovrebbero essere esclusi
dall'applicazione della nuova legge i siti di commercio
elettronico, ove siano presenti informazioni sui prodotti
in vendita.
I siti informativi non aggiornati periodicamente
La nuova legge sull'editoria impone l'applicabilità
della normativa sulla stampa (legge 8 febbraio 1948,
n. 47) a qualunque "prodotto" realizzato su supporto
cartaceo o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione
o, comunque, alla diffusione di informazioni presso
il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico. E' quindi
chiaro che ogni sito internet che diffonda informazioni
(salve le esclusioni indicate in precedenza) rientra
nella definizione legislativa. A questo punto occorre
esaminare analiticamente la legge sulla stampa per comprendere
quali adempimenti debbano essere posti in essere per
non subire le pesanti sanzioni penali previste.
La legge sulla stampa disciplina due distinte categorie
di pubblicazioni: quella generale (ogni stampato non
periodico) e quella rappresentata da giornali, pubblicazioni
delle agenzie d'informazioni e periodici di qualsiasi
altro genere. Per il momento ci occupiamo della prima
categoria, ossia dei siti "informativi" non aggiornati
periodicamente.
Per questo tipo di siti deve essere indicato nella home
page l'anno della pubblicazione ed il luogo da dove
vengano caricate le informazioni sul server. Oltre a
ciò bisogna indicare ragione sociale e sede legale di
chi fornisce l'hosting, nonché l'indicazione di chi
cura la pubblicazione (editore o autore). Le indicazioni
suindicate sono, ovviamente, frutto dell'interpretazione
dei giuristi relativamente all'articolo 2 della legge
sulla stampa (legge n. 47 del 1948) il quale in realtà
stabilisce che "ogni stampato deve indicare il luogo
e l'anno della pubblicazione, nonché il nome e il domicilio
dello stampatore e, se esiste, dell'editore".
I siti informativi aggiornati periodicamente (le
pubblicazioni on line)
La legge che stiamo commentando dispone che il prodotto
editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare
e contraddistinto da una testata, costituente elemento
identificativo del prodotto, è sottoposto agli obblighi
previsti dall'articolo 5 della medesima legge n. 47
del 1948, ossia all'obbligo di registrazione presso
la cancelleria del tribunale, nella cui circoscrizione
la pubblicazione deve effettuarsi. Tale registrazione
può essere richiesta solo dopo aver indicato il proprietario
della testata, l'editore (se non coincide con il proprietario)
e il direttore responsabile; quest'ultimo deve possedere
requisiti ben definiti, ad esempio deve essere iscritto
all'albo dei giornalisti nell'elenco dei professionisti
ovvero dei pubblicisti a seconda del tipo di pubblicazione.
Si ricorda che il Direttore responsabile ha l'obbligo
di vigilare sul contenuto della pubblicazione per evitare
che mediante la stessa siano commessi reati; qualora
ometta detta vigilanza può essere punito (anche a titolo
di colpa) con la pena stabilita per il reato commesso,
diminuita in misura non eccedente il terzo.
I siti internet contraddistinti da una testata ed aggiornati
periodicamente, ossia con cadenza regolare e prestabilita,
devono pertanto essere registrati presso la cencelleria
del Tribunale e devono "dotarsi" di un direttore responsabile
che abbia i requisiti suindicati. Oltre a ciò, nell'ambito
della "testata telematica", bisogna indicare il luogo
(ossia il luogo da cui avviene il caricamento delle
informazioni sul server) la data della pubblicazione,
la ragione sociale e la sede del provider che fornisce
l'hosting, l'indicazione del proprietario, dell'editore
(se diverso dal proprietario) e del direttore o vice
direttore responsabile.
L'obbligo di registrazione sembrerebbe applicabile ai
quotidiani on-line ed ai siti aggiornati con cadenza
periodica e prestabilita. La domanda che molti si sono
posti riguarda, però, la disciplina dei siti "misti",
ossia dei siti al cui interno siano presenti spazi informativi
periodicamente aggiornati, assieme a mere aree di discussione,
aree di downloading di software, eccetera.
A mio giudizio, per evitare la registrazione dell'intero
sito e per evitare di allargare a dismisura gli obblighi
di controllo sul contenuto del sito da parte del Direttore
Responsabile, è opportuno creare una "area" informativa
ben delimitata ed individuata da una "testata", per
la quale potrà essere richiesta la registrazione presso
il Tribunale competente e solo per la stessa sarà obbligatorio
individuare un direttore responsabile.
Sanzioni
In conclusione, appare utile ricordare le sanzioni previste
per l'eventuale omissione degli adempimenti suindicati.
Qualora si pubblichi un "periodico" senza che sia stata
eseguita la registrazione suindicata, si rischia la
reclusione fino a due anni o la multa fino a lire 500.000.
La stessa pena si applica a chiunque pubblica uno stampato
non periodico, dal quale non risulti il nome dell'editore
né quello dello stampatore (nel nostro caso il provider
che fornisce l'hosting) o nel quale questi siano indicati
in modo non conforme al vero. Qualunque altra omissione
o inesattezza è punita con la sanzione amministrativa
sino a lire 100.000. Dette sanzioni sono stabilite dagli
articoli 16 e 17 della legge sulla stampa. Per ulteriori
approfondimenti si consiglia di visitare il sito www.interlex.it.
LA DISCIPLINA EUROPEA
In questa sede si intende descrivere brevemente ciò
che la Direttiva Europea sul commercio elettronico (Direttiva
2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'8
giugno 2000) prevede in materia di responsabilità per
gli internet provider. In sostanza la norma europea
afferma l'assenza di responsabilità per i contenuti
immessi dagli utenti e l'inesistenza di un obbligo da
parte dell'internet provider di verificare i contenuti
dei dati memorizzati sul server o trasmessi. Ciò a precise
condizioni. Infatti, (art. 12) nel caso di provider
che permette la trasmissione di informazioni (posta
elettronica) o l'accesso ad internet, il medesimo non
è responsabile delle informazioni trasmesse a condizione
che egli non dia origine alla trasmissione, non selezioni
il destinatario della trasmissione, non selezioni né
modifichi le informazioni trasmesse.
Il provider (art. 13) non è neanche responsabile della
memorizzazione automatica, intermedia e temporanea delle
informazioni effettuata al solo scopo di rendere più
efficace il successivo inoltre ad altri destinatari
a loro richiesta, a condizione che egli non modifichi
le informazioni, si conformi alle condizioni di accesso
alle informazioni, si conformi alle norme di aggiornamento
delle informazioni, indicate in un modo ampiamente riconosciuto
e utilizzato dalle imprese del settore, non interferisca
con l'uso lecito di tecnologia ampiamente riconosciuta
e utilizzata nel settore per ottenere dati sull'impiego
delle informazioni, agisca prontamente per rimuovere
le informazioni che ha memorizzato, o per disabilitare
l'accesso, non appena venga effettivamente a conoscenza
del fatto che le informazioni sono state rimosse dal
luogo dove si trovavano inizialmente sulla rete o che
l'accesso alle informazioni è stato disabilitato oppure
che un organo giurisdizionale o un'autorità amministrativa
ne ha disposto la rimozione o la disabilitazione dell'accesso.
Nel caso di fornitura di un servizio di hosting il provider
non è responsabile delle informazioni memorizzate a
condizione che non sia effettivamente al corrente del
fatto che l'attività o l'informazione è illecita e,
per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al
corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta
l'illegalità dell'attività o dell'informazione, non
appena al corrente di tali fatti, agisca immediatamente
per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l'accesso.
La direttiva in esame lascia impregiudicata la possibilità,
secondo gli ordinamenti degli Stati membri, che un organo
giurisdizionale o un'autorità amministrativa esiga che
il provider impedisca o ponga fine ad una violazione.
E' infine da sottolineare che la direttiva in esame
dispone che i provider non hanno un obbligo generale
di sorveglianza, sulle informazioni che trasmettono
o memorizzano né un obbligo generale di ricercare attivamente
fatti o circostanze che indichino la presenza di attività
illecite.
In conclusione dell'art. 15, si stabilisce che gli Stati
membri dell'Unione Europea possono stabilire che i prestatori
di servizi della società dell'informazione siano tenuti
ad informare senza indugio la pubblica autorità competente
di presunte attività o informazioni illecite dei destinatari
dei loro servizi o a comunicare alle autorità competenti,
a loro richiesta, informazioni che consentano l'identificazione
dei destinatari dei loro servizi con cui hanno accordi
di memorizzazione dei dati.
LE SENTENZE DI GIUDICI ITALIANI E STRANIERI
Le Corti statunitensi
Il caso americano più celebre è senza dubbio Cubby adv.
CompuServe. Il fatto è presto descritto: in un forum
organizzato indipendentemente da terzi ma ospitato sul
server della CompuServe venivano diffuse falsità tali
da diffamare la società Skuttlebut; quest'ultima citava
in giudizio la CompuServe chiedendo un congruo risarcimento
danni. La Corte americana che ha giudicato sul caso,
pur non disconoscendo l'illiceità dei messaggi, ha tuttavia
respinto ogni ipotesi di responsabilità nei confronti
del provider, sostenendo che (in quel caso concreto)
lo stesso era un mero distributore di informazioni e
a lui non competeva alcuna attività di controllo.
Ulteriore leading precedent è rappresentato da Stratton
Oakmont adv. Prodigy. La singolarità della decisione
presa dalla Supreme Court risiede nel fatto che è stata
attribuita al provider Prodigy la responsabilità per
quanto diffuso sui siti ospitati in quanto avrebbe realizzato
un sistema di filtraggio e avrebbe quindi abbandonato
il ruolo di operatore tecnico impersonando un ruolo
simile a quello del direttore responsabile di una testata
giornalistica. Non pochi, a seguito di questa sentenza,
hanno espresso il paradosso che all'internet provider
non converrebbe porre in essere una procedura di controllo,
atteso che la predisposizione di un eventuale sistema
filtraggio potrebbe dar luogo ad una responsabilità
per fatto altrui, a causa di un contenuto illecito sfuggito
alla procedura di controllo.
I casi illustrati, apparentemente contraddittori, mostrano
però l'orientamento delle Corti americane in merito
alla questione in oggetto. In sostanza, vi sono tre
tipologie di responsabilità: diretta, a titolo di contributo,
a titolo di vigilanza. La responsabilità diretta si
ha quando l'internet provider è direttamente responsabile
dell'illecito (ossia realizza direttamente il sito non
legale); la responsabilità a titolo di contributo viene
imputata al provider quando quest'ultimo ha conoscenza
dell'illecito, ovvero protegge l'anonimato del vero
responsabile dell'illecito; infine, insorge l'ipotesi
della responsabilità a titolo di vigilanza quando non
si adempie (con dolo o colpa) ad un obbligo di vigilanza.
L'esperienza francese
Prima di esaminare nel dettaglio le esperienze giudiziali
italiane appare opportuno accennare ad un noto "caso"
francese che molti commentatori indicano come il più
rilevante e meglio argomentato fra quelli affrontati
dalla Giurisprudenza europea.
Il fatto risale al primo trimestre del 1998. Una decina
di fotografie osee', rappresentanti una modella francese,
venivano abusivamente diffuse tramite un sito internet
ospitato gratuitamente ed anonimamente da un provider
francese.
In seguito all'intervento giudiziale della modella,
teso a garantire il suo diritto all'immagine e alla
privacy, il provider faceva ritirare le fotografie dal
sito. Ogni provvedimento di urgenza di sequestro del
server risultava quindi ormai inutile, il giudice doveva
solo decidere sulla richiesta di risarcimento danni
avanzati dalla modella. La richiesta veniva accolta
e l'internet provider condannato a risarcire la modella
con la somma di 300.000 franchi francesi. I motivi dell'accoglimento
della domanda di risarcimento si devono far risalire
al fatto che il provider francese avrebbe concesso a
chiunque -anche in forma anonima- di trasmettere immagini,
suoni, scritti o altro senza prendere alcun tipo di
precauzione, ne' controllare cio' che veniva diffuso
on-line. Il Provider avrebbe dovuto informare gli autori
dei siti ospitati, dell'obbligo di rispettare i diritti
dei terzi (ad es. i diritti della personalità, i diritti
d'autore e i diritti dei marchi) ed avrebbe dovuto verificare
il contenuto dei siti, eventualmente intervenendo a
censurare le attività non autorizzate o comunque illecite
così come aveva fatto tardivamente allorquando la modella
francese si era rivolta all'autorità giudiziale.
La Corte di Appello parigina, rigettando il ricorso
presentato dal provider, argomentava ulteriormente sostenendo
che l'attività del provider eccede il ruolo tecnico
"di un semplice trasmettitore di informazioni e deve
obbligatoriamente assumersi, nei confronti dei terzi,
le conseguenze di una attività che ha deliberatamente
intrapreso e che è fonte di profitto."
E' da notare come uno degli elementi centrali attorno
ai quali ruota l'intera sentenza d'appello è l'anonimato
conferito dal provider al produttore del sito in oggetto.
Molti commentatori ritengono, infatti, che garantire
l'anonimato ad un autore di siti internet (o, comunque,
a chi diffonde informazioni su internet) equivarrebbe
ad assumersi ogni responsabilità su ciò che pubblica.
I giudici italiani
Anche i giudici italiani hanno affrontate casi simili
a quelli appena esaminati ed hanno deciso con provvedimenti
contrastanti.
Il primo caso in cui è stata presa in esame la responsabilità
del provider è stato affrontato dal Tribunale di Cuneo
(con ordinanza del 23 giugno 1997) che ha stabilito
che "il service provider, che si limiti a concedere
l'accesso alla rete, nonché lo spazio del proprio server
per la pubblicazione dei servizi informativi realizzati
dal fornitore, non è responsabile della violazione del
diritto d'autore eventualmente compiuta da quest'ultimo".
In sostanza il Provider svolge un ruolo che può assimilarsi
a quello di un centro commerciale che abbia concesso
in locazione la bancarella sulla quale il cliente ha
esposto prodotti contraffatti.
Caso completamente diverso sarebbe quello ove il Provider
conoscendo perfettamente l'attività del cliente, collabora
con lo stesso nella realizzazione del reato di commercializzazione
di software illegale.
Il primo caso riguardante la diffusione di notizie denigratorie
risale al 1997 e fu giudicato dal Tribuale di Teramo
(nota 1) il quale escluse la responsabilità civilistica
del Provider in virtù del contratto sottoscritto fra
internet provider ed utente (nota 2), ma fissò per la
prima volta il principio in base al quale "l'abuso del
diritto di cronaca è sanzionabile anche se commesso
mediante internet, poichè il mezzo non modifica l'essenza
del fatto, che mantiene il requisito dell'illiceità
e rimane sanzionabile alla stregua di tutte le condotte
che comportino aggressione all'onore e al decoro"; in
osservanza di detto principio si dispose la rimozione
dal sito internet delle informazioni lesive della reputazione
del ricorrente, inibendone l'ulteriore diffusione.
Il primo caso che ha visto direttamente coinvolto un
provider, riguarda la diffusione di un messaggio diffamatorio
su un sito web ospitato sul server "Isole nella rete";
in questa occasione il Pretore di Vicenza (nota 3) ha
emanato un provvedimento di sequestro preventivo di
tutte le attrezzature usate per diffondere sul sito
web il messaggio diffamatorio affinchè cessi in ogni
caso la diffusione via Internet del messaggio diffamatorio.
E' inutile dire che molti hanno criticato il provvedimento,
soprattutto perchè ha coinvolto tutte le attrezzature
di "Isole nella rete" gestite dalla società bolognese
DS Logic, senza distinguere il singolo messaggio ed
indirizzare eventualmente il provvedimento verso quell'unico
sito web oggetto di denuncia.
Ulteriore caso interessante, deciso dal Tribunale di
Roma (nota 4), riguarda sempre una ipotesi di reato
di diffamazione ma si riferisce ad un messaggio pubblicato
in un'area di discussione (nota 5), mentre nel caso
precedentemente illustrato si trattava di un testo immesso
direttamente in uno spazio Web. Le parti coinvolte erano
la Banca del Salento e l'internet provider Pantheon
srl oltre al materiale responsabile del messaggio. La
Banca del Salento invocava la responsabilità della Pantheon
srl in quanto società addetta alla gestione del sito.
Le richieste avanzate dalla Banca del Salento nei confronti
della Pantheon srl venivano, tuttavia, rigettate dal
Tribunale di Roma in quanto "il news-server si limita
a mettere a disposizione degli utenti lo spazio "virtuale"
dell'area di discussione e nel caso di specie, trattandosi
di un newsgroup non moderato, non ha alcun potere di
controllo e vigilanza sugli interventi che vi vengono
inseriti".
Si segnala che nell'emanare l'ordinanza suindicata,
il giudice romano ha anche precisato che il messaggio
critico espresso dall'utente della camera di discussione
non poteva considerarsi lesivo dell'onore e del decoro
dell'istituto di credito suindicato. Ciò in quanto,
anche nell'ambito di internet deve applicarsi il principio
riconosciuto dall'art. 21 della nostra costituzione
il quale sancisce il diritto di critica, che può essere
espresso da un privato cittadino mediante un "dissenso
motivato, cioè nell'affermazione di fatti non apodittica,
ma supportata da appigli concreti. Pertanto, chi voglia
esprimere un giudizio sfavorevole sull'operato di un
altro soggetto, dovrà spiegarne le motivazioni e fornire
dati obiettivi" (nota 6). Il giudice, dopo aver accertato
l'esistenza di detti profili ha ritenuto che l'istituto
di credito non avesse subito alcun pregiudizio all'onore,
dignità e reputazione.
In altre parole, come sottolineato da Manlio Cammarata
sul sito www.interlex.it, "la responsabilità dei contenuti
non può essere attribuita che al loro autore, quando
il provider (o chi da lui disegnato per la gestione
di un settore del sito) non ha "alcun potere di controllo
e vigilanza sugli interventi che vi vengono inseriti".
E questa appare essere la considerazione più importante
che deve desumersi dalle sentenze (a volte apparentemente
contraddittorie) che abbiamo esaminato.
NOTE
1. Ord. Trib. Teramo (700 c.pc.), 11 dicembre 1997,
in Dir. Inf. Inf (Giuffrè) pag. 370, 1998.
2. L'esclusione viene fatta dal Tribunale di Teramo
in base ad una imprecisata clausola contrattuale contenuta
probabilmente nel contratto di hosting.
3. Sequestro preventivo disposto dal Pubblico Ministero
presso la Pretura di Vicenza 23 giugno 1998, in Dir.
Inf. Inf. (Giuffrè), pag. 821, 1998.
4. Ord. 4 luglio 1998, in Dir. Inf. Inf. (Giuffrè),
pag. 807, 1998.
5. Il server gestito dalla Pantheon srl metteva a disposizione
dei propri utenti delle aree destinate ad ospitare i
cd. gruppi di discussione (newsgroups). Come mirabilmente
descritto nella sentenza in esame: "i newsgroups, che
consentono lo scambio i rete di informazioni ed opinioni
su temi specifici, possono essere creati da ogni utente
internet e fanno capo di solito ad una pluralità di
elaboratori, che conservano tutti una copia del messaggio
inviato ed utiilzzano particolari procedimenti per sincronizzare
i dati immessi, in mdo che da qualsiasi news-server,
che ospita quell'area di discussione destinataria dell'intervento,
possano essere consultati i messaggi di più recente
inserimento."
6. Ord. Roma 4.7.98 in Dir. Inf. Inf. Pag 810, 1998
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