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LA DIFFAMAZIONE A MEZZO SITO INTERNET: PROFILI PENALI

a cura di Maurizio Mazzi

(15 maggio 2002)

La questione dell'estensione o meno della disciplina della stampa alle pubblicazioni on line, da tempo croce della dottrina in materia, coinvolge decisamente anche la nuova configurazione del reato di diffamazione a mezzo stampa di cui all'art. 595, comma terzo, c.p. Cosa accade quando un sito internet pubblica affermazioni o riporta notizie lesive dell'onore di una persona ?
Un orientamento dottrinario e giurisprudenziale di ispirazione conservatrice, contrario a tale estensione, muove inevitabilmente da una interpretazione rigida della definizione di stampa o di stampato offerto dalla legge n. 47/1948 (art. 1), inapplicabile ad una pagina web in quanto estranea alle sue caratteristiche fisiche (in giurisprudenza, da ultimo, la sentenza del 15 febbraio 2002, n. 22 del G.I.P. presso il Tribunale di Aosta). "Sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, - recita la norma - tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione". Stampato non può essere perciò considerata la pagina web che per natura non è una riproduzione meccanica o tipografica, salvo il caso eventuale in cui la riproduzione cartacea sia eseguita con una stampante collegata al computer. Ma si tratterebbe appunto di un'eventualità per la presenza di un elemento accessorio (la stampante) e non di una caratteristica tipica del mezzo, ossia il suo essere di per sé una riproduzione. L'accostamento tra il mondo della new economy, rappresentato da siti web e messaggi di posta elettronica, e il mondo della old economy, rappresentato dalla carta stampata, in ragione di tale definizione, non è stato tenuto in considerazione ed è stato anzi ritenuto paradossalmente "eretico" secondo questo orientamento.
Tuttavia, le interpretazioni giuridiche di stampato o di stampa e le continue querelles sorte allorché un simile accostamento è proposto si arrendono ad una constatazione: il legislatore padre del codice penale del 1930 ebbe più lungimiranza di quello del 1948 nell'estendere senza preclusioni l'alveo degli strumenti diffamatori. Il comma terzo dell'art. 595 c.p. prevede, infatti, che "l'offesa all'altrui reputazione può essere recata, oltre che con il mezzo della stampa, con qualsiasi altro mezzo di pubblicità". A parer del legislatore, la tutela del bene "onore" non poteva restare limitata a casi tassativamente descritti e conosciuti nella realtà storica di allora, come la stampa cartacea appunto, ma doveva estendersi a tutti quei mezzi in gran parte sconosciuti sotto il profilo tecnologico ma potenzialmente offensivi dell'interesse protetto. Ne deriva che la previsione possibile già nel 1930 di altri sistemi di veicolazione di notizie anche infamanti in grado di soppiantare i sistemi tradizionali di comunicazione (carta stampata) ed in grado di creare allarme sociale quali reali strumenti diffamatori rappresenta il vero punto di partenza per una discussione sulla regolamentazione di internet, ormai realtà acquisita e rientrante senza dubbio tra "gli altri mezzi di pubblicità" indicati nella norma.
La soluzione al problema nasce da questa oggettiva riflessione e dal fatto che la legge ultima sull'editoria n. 62/2001, di riforma della legge n. 47/1948, ha creato una definizione nuova di prodotto editoriale, che estende anche alle pubblicazioni con il mezzo elettronico (internet) la disciplina sulla stampa. In particolare, il prodotto editoriale viene presentato come quel "prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici" (art. 1, comma 1). Prodotto editoriale diventa, quindi, anche la pubblicazione on line che si avvale appunto del mezzo elettronico, la rete appunto, e può essere riprodotto facilmente su supporto informatico. Sul punto si è già pronunciato favorevolmente il Tribunale di Latina (ordinanza del 7 giugno 2001), all'indomani dell'entrata in vigore della legge n. 62, che ha così statuito: "il sito Internet (inteso come insieme di hardware e software mediante il quale si genera il prodotto telematico sotto forma di trasmissione di flussi di dati) … , in quanto prodotto editoriale ai sensi della l. n. 62 del 2001, si deve ritenere sottoposto, anche ai fini penali, alla disciplina riservata alla stampa". Importante anche la non più recente ma sempre significativa affermazione del Tribunale di Napoli (ordinanza del 8 agosto 1997), per il quale "la rete "Internet", quale "sistema internazionale di interrelazione tra piccole e grandi reti telematiche", e' equiparabile ad un organo di stampa".
Quanto ai periodici on line, essi, rientrando in questo genus, sono soggetti anche alle indicazioni obbligatorie in tema di editoria previste per gli stampati e alla registrazione obbligatoria della testata (art. 1, comma 3). Si ricordi come l'art. 5 della legge n. 47/1948 reciti che "nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato registrato presso la cancelleria del tribunale, nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi." Sul punto l'ordinanza del 6.11.1997 del Tribunale di Roma ha previsto l'obbligatorietà della registrazione del giornale on line Interlex, in ossequio alle disposizioni di legge. Il legislatore del 2001, testimone del massiccio ed indisciplinato impiego di internet per utilizzare abusivamente opere del diritto d'autore, commettere atti di concorrenza sleale tra le testate giornalistiche nonché atti illeciti di rilievo penale, ha posto un freno ad un sistema non regolamentato creando una definizione ampia di prodotto editoriale al quale il cosiddetto giornale telematico non facesse eccezione. Quindi, anche il giornale on line ha un suo direttore responsabile ed un editore che, seppure a fronte di contrastanti orientamenti giurisprudenziali, devono essere riportati obbligatoriamente sul sito web.
Ragionare in questi termini conduce, nel caso di diffamazione commessa a mezzo di una rivista telematica, al richiamo delle norme del codice penale in materia di stampa e in particolare:
- dell'art. 595, comma 3, c.p., che configura il reato di diffamazione commesso col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità;
- dell'art. 57 c.p., che prevede il reato di omesso controllo del contenuto della pubblicazione da parte del diretto responsabile del periodico.
Il reato di diffamazione a mezzo stampa può essere certamente commesso anche per via telematica o informatica - sostiene la Corte di Cassazione in una storica sentenza (Cass. Pen. Sez. V, 27 dicembre 2000, n. 4741) - essendo l'azione di immissione del messaggio "in rete" idonea a ledere il bene giuridico dell'onore. Sulla idoneità del sito internet a concretare il reato diffamatorio aiutano anche altre riflessioni compiute dalla giurisprudenza di merito, che ha deciso di non sottovalutare la pericolosità della rete telematica per realizzare fattispecie criminose, affermando che "l'abuso del diritto di cronaca può concretarsi anche tramite diffusione di messaggi via Internet, poiché il mezzo di diffusione non modifica l'essenza del fatto, valutabile alla stregua dei normali criteri che governano il libero e lecito esercizio del diritto di cronaca" (Tribunale Teramo, ordinanza del 11 dicembre 1997).
Certamente l'autore della pubblicazione è imputabile del reato di diffamazione, ove sia indicato. Ma anche il direttore responsabile potrà essere imputato sia di concorso nel medesimo reato sia autonomamente del reato di cui all'art. 57 c.p. Nel primo caso, occorrerà dimostrare che il direttore ha voluto la pubblicazione nella consapevolezza (dolo) del suo contenuto lesivo e della sua idoneità ad aggredire la reputazione altrui (Cass. Pen. Sez. V, 17 agosto 1990, n. 11494). Nel secondo caso, si tratterà di un reato autonomo punibile a titolo di colpa la quale consiste non già in generiche forme di negligenza, imprudenza o imperizia, bensì nell'inosservanza di una specifica regola di condotta e cioè nel mancato esercizio, sul contenuto del periodico, del controllo necessario ad impedire che con il mezzo della pubblicazione siano commessi reati (Cass. Pen. sez. I, 15 gennaio 1991, n. 350). Si tratta di figure autonome di reato che occorre imputare ai due soggetti coinvolti nella vicenda in base alla loro effettiva responsabilità.
L'ultima sentenza della Cassazione in tema di diffamazione a mezzo stampa ha escluso che la querela presentata nei confronti dell'autore dell'articolo possa estendersi al direttore responsabile anche per il reato di omesso controllo del contenuto dell'articolo, oggetto di una diversa querela (Cass. Pen. Sez. V, 12 ottobre 2001, n. 36863). Ne consegue che bisogna proporre tempestivamente due distinte querele: una per il giornalista ed una per il direttore responsabile per i due distinti reati su descritti. Il dies a quo dei tre mesi per presentare la querela è quello della consumazione del reato che, nel caso della diffamazione a mezzo stampa con l'impiego di internet, si verifica "non al momento della diffusione del messaggio offensivo, ma al momento della percezione dello stesso da parte di soggetti che siano "terzi" rispetto all'agente ed alla persona offesa", tanto che "l'evento appare temporalmente, oltre che concettualmente, ben differenziato dalla condotta" (Cass. Pen. Sez. V, 27 dicembre 2000, n. 4741). E' stato spiegato dalla Corte che "in un primo momento, si avrà l'inserimento "in rete", da parte dell'agente, degli scritti offensivi e/o delle immagini denigratorie, e, solo in un secondo momento (a distanza di secondi, minuti, ore, giorni ecc.), i terzi, connettendosi con il "sito" e percependo il messaggio, consentiranno la verificazione dell'evento".
In conclusione, le fattispecie di reato in materia di stampa previste nel nostro codice penale sembrano ben applicabili ai casi sempre più frequenti di diffamazione commessa con l'impiego della rete telematica.